Vasapollo: “Il terrorismo mediatico è strumento dell’imperialismo e del sionismo per allargare i conflitti militari. Mentre procede il massacro sociale come premessa di una guerra sociale”

Il professor Luciano Vasapollo, economista e intellettuale da anni impegnato contro le guerre e le manipolazioni mediatiche, analizza con parole dure gli ultimi segnali che arrivano dall’Europa e dagli Stati Uniti. Dal consiglio della BCE di tenere contanti in casa alle fake news sui droni russi, fino alla ricostituzione in America di un “ministero della guerra”, secondo Vasapollo tutto concorre a un disegno preciso: diffondere paura, preparare i popoli al conflitto e alimentare quello che definisce “terrorismo mediatico”. Un processo che, avverte, potrebbe portare a saldare i “pezzi” di guerra sparsi nel mondo in un unico grande scontro globale, quello che Papa Francesco aveva già prefigurato.

Professore, la BCE ha recentemente suggerito ai cittadini europei di tenere del contante in casa. Molti hanno letto questa indicazione come un segnale di timore per un possibile conflitto. Lei come la interpreta?

È un messaggio gravissimo e inquietante, che va oltre la dimensione economica. Quando una banca centrale invita la popolazione a conservare denaro contante, significa che si teme l’interruzione dei sistemi digitali e bancari. E questo non per un blackout casuale, ma per scenari da guerra. È la conferma che le élite si stanno preparando a uno scontro globale, mentre ai popoli non viene detto nulla.

Intanto i media occidentali continuano a parlare di “minacce russe” e di droni che avrebbero sconfinato nei cieli europei. Lei parla spesso di fake news: siamo di fronte a un caso del genere?

Assolutamente sì. Quella dei droni è l’ennesima narrazione senza prove, costruita per alimentare paura e odio verso la Russia. Non dimentichiamo che lo stesso schema era stato usato contro l’Iraq, la Libia, la Siria: inventare pretesti per giustificare interventi militari. Oggi si criminalizza la Russia per trascinare l’opinione pubblica verso la logica della guerra.

Negli Stati Uniti si è addirittura parlato della ricostituzione di un “ministero della guerra”. Che lettura dà di questo fatto?

È il segno della regressione politica e culturale dell’Occidente. Dopo anni in cui si è parlato di “difesa”, si torna a chiamare le cose con il loro nome: guerra. Gli USA rilanciano la corsa agli armamenti e allo stesso tempo esercitano pressioni sugli alleati europei, che devono diventare basi avanzate della strategia militare americana.

Lei denuncia da tempo quello che definisce “terrorismo mediatico”. Può spiegare meglio cosa intende?

È l’uso sistematico dei media per diffondere paura e menzogne, preparando i cittadini ad accettare sacrifici e conflitti. Oggi il terrorismo mediatico è lo strumento principale per costruire consenso intorno alla NATO e criminalizzare chiunque osi proporre una via diversa, dalla Russia alla Cina fino ai Paesi del Sud globale. È un meccanismo che produce rassegnazione e uniformità.

Papa Francesco parlava già da anni di una “terza guerra mondiale a pezzi”. Secondo lei, siamo vicini al momento in cui quei pezzi si uniranno in un conflitto totale?

Purtroppo sì. La guerra “a pezzi” è già in corso, in Medio Oriente, in Africa, in Ucraina. Ora però quei pezzi rischiano di saldarsi in un’unica grande guerra globale. E non sarà solo militare: sarà anche economica, culturale, ideologica. Per questo è urgente costruire un movimento popolare capace di smascherare le bugie e di opporsi alla logica bellicista.

Professore, lei afferma che eliminare il gioco coloniale è imprescindibile. Può spiegare cosa intende con questa espressione?

Il gioco coloniale è il meccanismo attraverso cui le periferie del mondo vengono sfruttate dai centri di potere, soprattutto economici e politici. Significa che alcune aree sono condannate a subire depredazioni, mentre altre accumulano ricchezza. Eliminare questo sistema è imprescindibile se vogliamo costruire una società più giusta, dove lo sviluppo e il benessere siano realmente condivisi.

Ma non basterebbe denunciare i crimini dell’imperialismo e del fascismo?

No, non è sufficiente. Essere testimoni dei genocidi, come quelli in Palestina o dei blocchi economici contro Cuba e Venezuela, è importante, ma serve anche organizzare campagne concrete e lotte internazionaliste. Bisogna costruire esempi di emancipazione reale, basati sulla solidarietà internazionale e sulla lotta antimperialista.

In che modo la sinistra tradizionale ha abbandonato questo terreno?

Dopo la Guerra Fredda, molte forze della sinistra hanno aderito alla falsa ideologia della “fine della storia”, convincendosi che il capitalismo fosse l’ultima forma possibile di organizzazione sociale. Questa posizione ha abbandonato la lotta antimperialista e ci ha lasciato soli nella denuncia dei conflitti globali e delle guerre economiche.

Quali strumenti propone la Rete dei Comunisti per affrontare l’imperialismo oggi?

Noi ci muoviamo su più livelli. Denunciamo il terrorismo economico e militare, organizziamo dibattiti, convegni e pubblicazioni per analizzare le guerre, le sanzioni e le crisi economiche. Ma soprattutto sosteniamo campagne internazionaliste concrete, facendo capire che il diritto all’autodeterminazione dei popoli e la costruzione di un mondo più giusto non possono essere separati dallo sviluppo e dal benessere collettivo.

Come collega la sua analisi ai grandi rivoluzionari del passato?

Ci rifacciamo al marxismo e agli insegnamenti di Lenin, così come a figure come Martí, Bolívar, Gramsci, Che Guevara, Fidel Castro e Hugo Chávez. Tutti hanno compreso l’importanza della lotta contro l’imperialismo e del ruolo dei popoli periferici nella costruzione di un mondo libero. È un filo rosso che collega il pensiero antimperialista di fine XIX secolo fino alle esperienze contemporanee di emancipazione in America Latina, come il chavismo e l’Alba.

Cosa significa oggi fare politica sul terreno antimperialista?

Significa costruire conflitto organizzato, campagne internazionaliste e solidarietà concreta tra i popoli oppressi. Non basta indignarsi di fronte ai crimini dell’imperialismo: bisogna agire, fare rete, costruire esempi di emancipazione reale, basati sulla giustizia sociale, sul rispetto dei diritti umani e sull’autodeterminazione dei popoli.

Rita Martufi e Salvatore Izzo

https://www.farodiroma.it/vasapollo-il-terrorismo-mediatico-e-strumento-dellimperialismo-e-del-sionismo-per-allargare-i-conflitti-militari-mentre-procede-il-massacro-sociale-come-premessa-di-una-guerra-sociale/

15 ottobre 2025
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