Imperialismo e multipolarismo. Il caso del Venezuela al seminario della Sapienza con Boron, Rodriguez e Vasapollo
Perchè il Venezuela è nel mirino – insieme con Cuba ma oggi in modo addirittura più violento e organizzato – degli Stati Uniti e dell’Unione Europea?
“L’imperialismo oggi vuole riconquistare l’America Latina perché in un momento di crisi sistemica è necessario per Usa e Ue appropriarsi di quelle risorse”, ha risposto il professor Luciano Vasapollo, docente di economia alla Sapienza di Roma e delegato del rettore per i rapporti internazionali con l’America Latina, introducendo un affollatissimo seminario che si è tenuto nell’Aula di Archeologia della Facoltà di Lettere. “Trump non è una novità nell’imperialismo americano. Barack Obama è stato quello che aveva definito il Venezuela una minaccia straordinaria alla sicurezza degli Stati Uniti a giustificare la politica di aggressione che oggi vediamo. E’ l’Europa, con la sua tradizione umanista che deve smarcarsi dall’imperialismo di Trump. Non è successo e il Venezuela oggi è sola in questo piano di occupazione in corso”, ha aggiunto il grande intellettuale argentino Atilio Boron, docente di sociologia all’Università di Buenos Aires, relatore all’incontro di studio insieme con l’Ambasciatore della Repubblica bolivariana del Venezuela Julián Isaías Rodríguez Díaz, che ha ripercorso la vicenda delle sanzioni imposte illegittimamente al suo paese per fermare la rivoluzione pacifica di Chavez.
Al centro delle riflessioni del seminario dunque la guerra economica contro il Venezuela, la decadenza dell’impero nord-americana e l’ascesa di potenze come Cina e India che, ha sottolineato Boron nel suo intervento, entro il 2030 rapresenteranno il 39% del Pil mondiale. “Il tema – ha aggiunto Vasapollo – è che sei paesi (Russia, Cina, India, Turchia, Venezuela e Iran fanno oltre il 50 per cento del pil e della popolazione mondiale. Dunque è possibile oggi lanciare una visione basata sul multipolarismo” che potrebbe affrancare l’economia mondiale dalla schiavitù del dollaro.
“Ad esempio – ha ripreso il professor Boron – la Cina in America Latina è una presenza importantissima. È il primo socio commerciale del Caribe dove ha fatto investimenti molto forti,
ma non ha una presunzione egemonica: in America Latina ci sono oltre 83 basi americane ma la Cina non ha basi militari”.
“A Cuba – ha ricordato in proposito Vasapollo – c’è Guantanamo che non è autorizzata da nessun accordo ma è frutto di una occupazione. E negli altri paesi gli accordi sulle basi gli Usa li hanno fatti con le dittature. In Colombia ben 7 basi sono legalmente riconosciute da in trattato firmato da Uribe e Obama. E la Colombia rinuncia a ispezionarle. Ci sono armi nuclearo? Non lo sappiamo. Il trattato stabilisce che qualunque persona entrata in Colombia per recarsi alle basi non può esssere giudicata dal paese ospitante: è una lesione del diritto internazionale. Uno può entrare in Colombia illegalmente e armato. Ma non è un caso estremo: in Messico è uguale”.
Nell’incontro alla Sapienza si è rilevato che le continue offese al diritto internazionale restano impunite a causa del diritto di veto all’Onu. “La Santa Sede – ha ricordato in proposito Vasapollo – promuove e difende il multilateralismo, una visione in definitiva antimperialista. E le nuove potenze emergenti possono davvero aspirare ad un multipolarismo che appare oggi un fattore decisivo per favorire la pace”.
“L’imperialismo si è rivelato decisivo – ha osservato Boron – contro Dilma Rousseff in Brasile e Cristina Kirkner in Argentina, mentre è fallito il colpo di stato in Bolivia, che volevano dividere in Bolivia Orientale, dove c’è il petrolio, e Bolivia Occidentale con il litio. Proprio la volontà nordamericana di accaparramento delle risorse è il movente di tutti gli attentati all’autodeterminazione dei popoli in America Latina”.
“Il ciclo progressista è in una fase recessiva. Ma – ha quindi assicurato Vasapollo – non comincia una nuova fase capitalista perche’ non hanno nessuna possibile soluzione al problema della forbice sociale che si allarga ovunque”.
“E’ il caso di Cuba la migliore risposta alle menzogne contro il Venezuela. Non c’è un bambino, nonostante 60 anni di blocco, che non venga curato o che non abbia un’istruzione a differenza di tanti altri paesi dell’America Latina”, ha convenuto infine Boron.