Il coronavirus ha ucciso l’UE. Vasapollo: “costruiamo nella complementarietà solidale la futura umanità dei popoli” (di N. Galiè)

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18-3-2020

L’emergenza sanitaria del coronavirus pone a serio rischio la coesione sociale, aggravando la crisi economica che da anni dilania non solo il nostro paese ma anche altri paesi europei. Di fronte a tutto questo, finora l’Unione Europea non è riuscita a prendere dei provvedimenti che andassero nella direzione della solidarietà e della cooperazione, al di là di ogni calcolo economicistico, basato sull’egoismo e la salvaguardia degli interessi privati. Probabilmente, questa crisi sta svelando la vera natura del sistema economico e delle strutture sovranazionali europee che lo sorreggono. Il re è nudo. Alcuni importanti studiosi, certamente rivoluzionari nelle analisi e nei fatti , lontani dal vocabolario anglofilo e dalle pretese compatibilità culturali e accademiche e dagli schemi liberisti, fra cui tra i caposcuola marxisti internazionali Luciano Vasapollo, hanno da anni rilevato come gli assetti europei siano incompatibili con la democrazia e avevano previsto come l’Unione Europea fosse incapace ad implementare politiche solidali e di cooperazione in frangenti di estrema necessità. Ora, di fronte alla crisi più grave che stiamo vivendo dal secondo dopo guerra, l’UE non prende nemmeno in considerazione di produrre deficit per sostenere lo sforzo dei suoi stati membri dinanzi all’epidemia.

Qualche giorno fa, il presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, incurante dell’emergenza sanitaria che sta colpendo duramente l’Italia, dove ogni giorno si registrano numerose vittime, ha affermato che non è compito della BCE salvaguardare ad ogni costo la stabilità finanziaria dei paesi membri, facendo letteralmente crollare la borsa di Milano e aprendo prospettive pericolosissime per il nostro paese. Alcuni commentatori, legati soprattutto all’establishment, hanno definito questa esternazione come una semplice “gaffe”, minimizzando la portata di queste parole che hanno ulteriormente minato, come se ce ne fosse bisogno, la precaria stabilità dell’Italia. Tuttavia, l’Unione Europea non ha perduto tempo e, di fronte al collasso generale della solidarietà tra gli stati membri, che si negano l’un l’altro persino le mascherine, ha convocato, il 16 marzo, L’Eurogruppo, l’organismo che raggruppa i ministri delle finanze dell’Unione, anteponendo la discussione del MES (meccanismo europeo di stabilità) alla discussione sull’emergenza causata dal coronavirus, rendendo palese, ancora una volta, quali siano i nodi strategici su cui si basa la costruzione europea. La decisione è stata quella di aspettare la fine della pandemia per arrivare alla sottoscrizione di un meccanismo che metterebbe ancora più sottopressione la sovranità popolare, sottomettendo definitivamente la sfera politica all’egoismo della finanza. Facendo ciò, la UE ha dimostrato la propria cecità di fronte alle grandi sfide del nostro presente, subordinando la ragione dell’uomo alla parità di bilancio.

Il FarodiRoma ha deciso di intervistare l’economista intellettuale militante rivoluzionario Luciano Vasapollo, anche delegato del rettore dell’Università La Sapienza per i rapporti internazionali con l’America Latina, il quale da molti anni contribuisce all’analisi e al dibattito sull’alternativa al sistema neoliberista e in generale mercantilista, in una prospettiva di fuoriuscita dalle compatibilità capitaliste come unico modo per affrontare le sfide sociali e ambientali del nostro tempo. Vasapollo ha contribuito a fondare nel 2004 a Caracas la Rete di Intellettuali ed Artisti in Difesa dell’Umanità, che si propone di opporsi all’imperialismo e alle politiche liberiste, promuovendo una lotta per la pianificazione e una politica economica marxista. Vasapollo sostiene da anni un intenso dialogo con la cultura cristiana di base , invitando a partecipare alle proprie lezioni alla Sapienza rappresentanti del mondo cattolico, quali il Cardinale Francesco Coccopalmerio ed il direttore del FarodiRoma Salvatore Izzo. In questa prospettiva, ha collaborato con il presidente della Pontifica Academia delle Scienze Sociali Stefano Zamagni. Inoltre, è stato ricevuto più volte in udienza da Papa Francesco. Il riferimento alle dottrine sociali e alle considerazioni etiche, ambientali ed umane del Papa è una costante dell’ intrecciarsi nel dialogo di trasformazione radicale suo pensiero. Ultimamente, ha donato proprio a Papa Francesco la raccolta di saggi, da lui curata, sull’esperienza bolivariana e martiana della Nuestra America, Rosa Blanca (Edizioni Efesto, 2019).

Autore di vari libri, in cui affianca l’analisi economica alle tematiche di carattere etico e sociale, fra i quali occorre ricordare PIGS. La vendetta dei maiali. Per un programma di alternativa di sistema: uscire dalla UE e dall’Euro, costruire l’Area mediterranea (Edizioni Efesto 2018), scritto in collaborazione con Rita Martufi e Jaoquin Ariola. Vasapollo, che ha forti legami con il mondo latino americano, e continua a relazionarsi intensamente anche insegnando nelle università di Cuba e del Venezuela, creando una scuola internazionale di pensiero critico economico marxista . Come dirigente, è attivo nella Rete dei Comunisti , in Potere al Popolo , Eurostop , nei movimenti sociali e nelle strutture culturali e di formazione dell’USB, un sindacato conflittuale che non ha rinunciato alle lotte di controtendenza entro il conflitto capitale-lavoro in Italia. Vasapollo, insieme ad altri studiosi, come Rita Martufi, coordinatrice italiana della Rete degli Intellettuali e Artisti in difesa dell’Umanità, è attento ai temi internazionalisti dei lavoratori, promuovendo i valori del dialogo e del multilateralismo ed ha espresso in molteplici forme la propria solidarietà ai popoli oppressi. Collaboratore di Hugo Chavez e Fidel Castro, con cui ha lavorato, ha contribuito a diffondere in Italia l’esperienza bolivariana. Luciano Vasapollo anima il Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali, il CESTES, che da molti anni ha approfondito l’analisi sui malfunzionamenti calcolati dell’ordoliberismo. Il CESTES promuove l’osservazione dei fenomeni socio-economici, con lo scopo di fornire un’alternativa al modello di sviluppo iniquo che ci sta portando alla deriva, di cui l’attuale crisi disvela l’insostenibilità. Vasapollo, in costante contatto con esponenti della radicalità cattolica, ha favorito l’emersione di un’importante scuola di pensiero critico di cui fanno parte, fra gli altri, molti allievi che insegnano in varie università del mondo. Alla Sapienza, ad esempio, per le tematiche di cui qui discorriamo, possiamo menzionare Francesco Della Crocee tanti suoi ex studenti che ormai anche in italia stanno costruendo una sua scuola di pensiero critico .

Come si è posta l’UE e l’Italia di fronte all’emergenza sanitaria?

L’Unione Europea, ovvero gli interessi che la dominano, questo va rilevato, ha dimostrato ancora una volta di tenere più alle esigenze di bilancio che alle politiche sociali. La firma del MES è stata soltanto rinviata, ma sa dell’incredibile, se non del grottesco, il fatto che si discuta come salvaguardare i conti delle banche tedesche piuttosto che pensare ad adottare delle politiche comuni, realmente efficaci, per far fronte alla crisi del coronavirus. Avevamo già avuto testimonianza del cinismo, dell’irresponsabilità e del profondo distacco dal senso comune delle classi dirigenti a capo delle istituzioni europee con le parole criminali di Christine Lagarde, che in un momento di profondo dolore per tanta gente hanno gettato nel baratro la borsa di Milano. La solidarietà e la complementarietà , la cooperazione sono concetti basilari della convivenza umana, non si può fare politica senza guardare a questo. Il Venezuela e Cuba, costrette dall’embargo, anzi dal blocco come lo chiamava il comandante eterno Fidel Castro, ad una situazione perennemente difficile, hanno avuto la forza e la tenacia di inviare, proprio nel momento in cui l’OMS dichiarava la pandemia, i propri medici e le proprie cure. Inaudito, se si pensa che la Germania ha bloccato l’esportazione di un semplice presidio sanitario, come possono essere le mascherine. Ma un altro esempio non ci viene da un altro stato che i nostri media definiscono totalitario e disonesto: la Cina, che grazie al proprio sistema di cooperazione socialista ha superato la fase più acuta dell’epidemia, non si è tirata indietro dall’aiutare l’Italia, portandosi dietro la propria esperienza, maturata nelle ore più terribili del contagio da coronavirus. Anzi, si deve dire che la Cina ha fatto qualcosa di più, ci ha offerto un modello, quello della quarantena di massa nell’interesse collettivo e non del profitto , unico mezzo ad ora efficace per contrastare il morbo, sebbene, a causa di interessi privatistici particolaristici non abbiamo potuto seguire fino in fondo. Da noi, al di là dei proclami del governo, si fatica ancora a chiudere le fabbriche che producono beni non essenziali o i grandi centri commerciali. Le lotte dei lavoratori, in questi giorni, che hanno scioperato nei grandi stabilimenti, nella logistica e in tutte le fabbriche, perché le loro condizioni, al di là di tutti i proclami, rimangono insicure, sono sacrosante. Possibile che lo stato non riesca ad intervenire, perché deve fare i conti con gli interessi degli industriali, ma anche e soprattutto con i parametri imposti dall’Unione Europea, quando ci troviamo in questa situazione. Non parlo, poi, solo degli operai, ma anche degli artigiani, delle partite IVA, dei ristoratori , in genere dei piccoli imprenditori quelli che si impegnano onestamente , quello che gramscianamente potrebbe essere definito nuovo blocco sociale storico . Si sarebbero dovuti prendere provvedimenti più forti: lo stato, facendo deficit, avrebbe potuto pagare almeno una parte dei costi di gestione , degli affitti, evitando che alla paura per il virus si aggiungesse anche la disperazione. Questo non si fa, perché l’Europa non ce lo concede, perché Lagarde preferisce far affondare gli stati piuttosto che ledere gli interessi delle banche e dei grandi investitori, che speculano sulla crisi. Abbiamo avuto più avvisaglie. La crisi del 2008, nata già con il neoliberismo e dalla deregulation reaganiana e approfonditasi con anni di smantellamento delle strutture sociali, che hanno permesso le speculazioni sui mutui subprime, ma la politica è stata a guardare. L’Europa ha permesso che le speculazioni finanziarie e immobiliari proseguissero. Abbiamo avuto la crisi dei debiti sovrani nel 2011, l’Italia è stata costretta ad inserire, violandone lo spirito, la parità di bilancio nella propria carta costituzionale, che pur presentava elementi avanzati, si è sottoscritto il fiscal compact, e tutto questo è alla base dei progressivi e incessanti disinvestimenti nella sanità e nella ricerca.

Quali limiti ha evidenziato l’UE e per quale ragione non è stata in grado di agire all’unisono per affrontare questa drammatica situazione? Sono riemersi gli egoismi nazionali?

La crisi del coronavirus ha bussato alle porte della UE da settimane ormai. Questa ha dimostrato, l’inadeguatezza degli assetti político economici che nel corso degli anni si è data l’Unione Europea. La prima costatazione che mi sento di fare, è che siamo completamente disarmati di fronte alla diffusione del virus e questa situazione non è mero frutto del caso. Sono le politiche concrete, adottate ed implementate dall’entrata in vigore di Maastricht fino ai nostri giorni, che hanno portato ad una completa rigidità del sistema che provoca massacro sociale .Questo oggi è sotto gli occhi di tutti. Non si muove una paglia senza che i grandi potentati degli interessi economici e finanziari diano il proprio assenso. Siamo di fronte alla più completa subordinazione della politica, intendo questo termine nella sua accezione più alta, alle ragioni dell’economia. L’Unione Europea si muove, a livello giuridico, a livello economico, nell’alveo dello schema liberista, quello schema che ha collocato il baricentro degli interessi tutelati al livello del mercato. È la battaglia campale tra “i padroni del vapore” a decretare chi ha cittadinanza o chi rimane fuori o ai margini della vita sociale. Queste tendenze, tuttavia, erano ben visibili da anni, ma molti, i più, hanno deciso di non vedere, contribuendo al rafforzamento del sistema del profitto a danno degli interessi economi e sociali della stragrande maggioranza della popolazione. Chi, invece, ha capito la tendenza, individuando gli scenari futuri e le conseguenze deteriori delle politiche che venivano adottate, è stato zittito dai corifei dell’europeismo senza costrutto. Noi, come CESTES, abbiamo posto la questione del superamento degli attuali assetti già da anni. Ma, allora, le nostre posizioni venivano presentate come se fossero degli eccessi , estremisti , folli idealisti fuori contesto . L’Unione Europea, con le sue politiche neoliberiste, pone il paese, e i paesi più fragili dell’area mediterranea, in una situazione di crisi anche etica e di civiltà permanente. Questo perché, e ci tengo a sottolinearlo, la cifra essenziale dell’integrazione europea è quella della disintegrazione, metodica e permanente, in cui tutto viene lasciato agli istinti del mercato liberista e in cui la forte competitività fra singoli paesi è stata elevata a principio costitutivo dell’Unione stessa. Tutto questo, anziché solidarietà e benessere diffuso, ha prodotto nei fatti un tragico allargamento delle disuguaglianze, un forte distacco fra i paesi dell’area mediterranea e Bruxelles. Questo lo abbiamo rilevato, per esempio, nel libro Pigs, la vendetta dei maiali e oltre dieci anni fa in PIIGS , il risveglio dei maiali .Fa pensare come ci definisca la letteratura economica anglofila, perché i maiali siamo noi.

Quale futuro ha dinnanzi a sé l’Europa? Ritiene che si potrà mai fuoriuscire da queste logiche mercantili e, se così, a quali modelli guardare?

Innanzitutto, mi verrebbe da dire, che Il destino dell’Unione Europea in questa crisi si rileva come un destino profondamente segnato , L ‘ Unione Europea come costruzione per i popoli non è mai esistita e oggi ogni principio apparentemente solidaristico si è frantumato nel “ si salvi chi può e vinca il più forte “ caro alla Troika. Era già iscritto nei trattati, che hanno peggiorato acuendoli i tratti fondamentali dell’integrazione europea, basata sulle privatizzazioni, il disinvestimento da sanità e scuole e su parametri incentrati sull’ordoliberismo. Stabilendo la centralità del mercato, ovvero dei profitti delle multinazionali a danno del popolo dei lavoratori e dell’ambiente, si è fatto attenzione a temi come l’equilibrio di bilancio, lo stato minino, la riduzione, costi quel costi, dei debiti pubblici dei singoli stati. Di questa politica suicida, se si ritiene il benessere della collettività come primo obiettivo di un assetto istituzionale, l’Unione Europea non è riuscita a fare a meno nemmeno quando è scoppiata la crisi del 2008, scoppiata invero negli Stati Uniti, ma diffusasi ben presto da noi. Ora, i limiti di questi assetti si rilevano ulteriormente proprio nei confronti all’emergere di una crisi sanitaria internazionale, che avremmo potuto affrontare con ben altri mezzi se non si fossero perseguite per anni politiche di austerity, con il risultato di trovarsi dinnanzi ad un crollo dei sistemi sanitari nei singoli paesi, soprattutto in quelli dell’area mediterranea.

Ma la cosa che mi lascia più basito, che non si può sopportare, è il fatto che nemmeno dinanzi ad una crisi così catastrofica, che mette a repentaglio la vita di moltissime persone, l’UE non riesce a fare uno scatto, decidendo di iniettare liquidità, creando debito. Soldi, invece, che si trovano sempre e subito per sovvenzionare le banche e le spese militari. Sappiamo quanti ospedali, lo diciamo da tempo, quanti presidi sanitari, ventilatori per la terapia intensiva si sarebbero potuti produrre o comprare con il denaro speso per le armi, i caccia, le bombe che portano morte e sofferenza.

La Cina, un paese socialista con un miliardo e mezzo di abitanti, ha avuto il coraggio di bloccare quella crescita economica che la proiettava a superare il PIL degli Stati Uniti, affinché la sua popolazione non patisse la sofferenza dovuta all’epidemia. Ma di fronte alle nefaste prospettive di crisi economica, la Cina non si è arresa e ha preferito aiutare con la sanità pubblica e gratuita tutta la sua popolazione, implementando una quarantena massiccia, con gli strumenti della pianificazione, mobilitando l’esercito affinché facesse arrivare generi di qualsiasi tipo nelle case dei cinesi. I dirigenti del Partito Comunista cinese non si sono tirati indietro e, nonostante il danno economico, hanno anteposto la cura della popolazione alla religione del mercato.

Il Venezuela, uno di quei paesi che il dipartimento di stato americano considera “canaglia”, nel suo presidente legittimo Maduro, ha annunciato che tutto il paese andrà in quarantena, nonostante si siano verificati pochi casi di coronavirus perché gli interessi umani e della salute sono beni primari. Come vedete, la dove la politica non è ostaggio dell’economia, questi provvedimenti vengono presi alla svelta, ma questo si chiama pianificazione socialista , interesse pubblico collettivo fuori dai brutali dettami delle leggi del profitto .

L’Europa ha avuto tanta solerzia soltanto per chiedere alla Grecia la restituzione del debito, portando quel paese ad una catastrofe socio-sanitaria ben prima che emergesse questo nuovo morbo.

Con Rita Martufi ed altri studiosi, lei ha avanzato la proposta di costruire, sul modello bolivariano, un Alba euro-mediterranea, in cui i popoli del sud possano ritrovare la libertà di determinare il proprio destino, uscendo dalla cappa ideologica in cui l’ha rinchiusi l’Unione Europea.

Il nostro tempo ci porta ad affrontare sfide nuove, sempre più difficili, ma non è con le rigidità e l’ideologia del denaro ad ogni costo che se ne può fare fronte. Da Cuba, dal Venezuela, come ricordavo prima, è arrivato un messaggio di grande solidarietà. La Cina ha offerto a tutti noi l’efficienza e la superiorità del sistema di pianificazione a fronte delle indecisioni e lentezze, ingiustizie causate dalla volontà di salvaguardare interessi particolari, come quelli rappresentati da Confindustria, e della borghesia transnazionale insite negli assetti europei. Per non parlare poi del modello, cui l’Europa ha guardato per decenni, ossia il mondo anglosassone. Boris Johnson e i suoi consiglieri, con la volontà di non bloccare i mercati, hanno rispolverato vecchie teorie di darwinismo sociale, suggerendo che l’epidemia faccia il suo corso mettendo a repentaglio la vita della componente più fragile della popolazione. Trump, con il suo vassallo Bolsonaro, hanno da prima avuto un atteggiamento negazionista di fronte all’insorgenza del virus, perdendo tempo ad accusare la Cina di aver nascosto l’epidemia alla propria popolazione o in altre fandonie. Tutto questo ci porta a riflettere, o meglio, ci deve far riflettere che bisogna uscire dalla trappola in cui la religione del mercato e del denaro c’ha portato. Sappiamo che tutti gli investimenti pubblici degli Stati Uniti, ma a questo stava guardando l’Europa con l’idea di creare un’iniziativa bellica europea su proposta di Macron, vanno al settore militare. Un vero e proprio keynesismo di guerra, che antepone le armi alle politiche sociali. Questo non può che alimentare i disegni imperialistici di classi dirigenti a capo di paesi che fanno della sopraffazione , dello sfruttamento , del consumismo sviluppi sta la loro ragion d’essere.
Per questo un’alternativa non è tanto possibile, ma necessaria, irrinunciabile , irrimandabile .Dobbiamo unire le forze sociali, i sindacati conflittuali, le forze chiaramente anticapitaliste delle due sponde del mediterraneo, affinché si esca dai parametri che fanno del denaro l’unico denominatore del valore. Dobbiamo avere il coraggio di dire, che si devono nazionalizzare le attività produttive strategiche, che è necessario pianificare le unità produttive, così si evita di trovarsi come in Italia a corto di respiratori e mascherine a causa dei disinvestimenti, si deve fare entrare lo stato nella vita della gente, con sussidi e aiuti per chi rimane indietro. Il sistema bancario deve essere al servizio della collettività, non la collettività al servizio del sistema bancario.

Un altro tema che vorrei toccare, è quello dello sviluppo tecnologico. La tecnica può essere un grande strumento di liberazione dell’uomo dalla fatica se solo essa venga socializzata. È necessario un piano d’occupazione, si deve ridurre l’orario di lavoro. E adesso, più che mai, si deve evitare che lo sviluppo tecnico sia monopolio di qualche governo o di qualche multinazionale e dell ‘ assurdo infame mercato dei brevetti . Sappiamo come Trump abbia tentato di accaparrarsi, tutto per sé, il vaccino tedesco. Serve etica. Noi siamo contrari al sistema dei brevetti, perché se da un lato riconosciamo l’importanza del diritto intellettuale d’autore, dall’altro siamo contrari alla sua commercializzazione e alla creazione di monopoli su beni che devono essere di tutti, perché essenziali per la vita umana, perché sono saperi sociali e quindi beni collettivi e gratuiti .

Quali sono le prospettive e gli insegnamenti che questa crisi ci deve lasciare?

Che la politica deve riacquisire la capacità di prevedere e organizzare, gestendole nell’interesse di tutti, queste crisi. L’Europa ha mostrato soltanto grande cecità. Le sue politiche hanno fatto emergere istinti razzisti, penso alla ricorrenti crisi umanitarie causate dalle guerre imperialiste in Medio Oriente e in Nord Africa che sono state gestite con indifferenza e ipocrita commiserazione, e non è stato promosso uno spirito di solidarietà e cooperazione, che vedesse impegnate le istituzioni europee a contrastare l’insorgere delle disuguaglianze. Questa crisi, da cui speriamo riusciremo ad uscire presto, apre tuttavia degli spiragli. Il sistema capitalista era riuscito, almeno qui in Europa, a costruire un’egemonia assoluta: il fatto che ora la popolazione può vedere chiaramente dove portano le politiche liberiste, dimostra che avevamo ragione. L’intervento dello stato in economia, la pianificazione e il rispetto per l’ambiente e la vita umana sono elementi essenziali per la sopravvivenza del genere umano. Oggi, non mi stancherò mai di ripeterlo, è evidente come la crisi economica e ambientale, cui si somma oggi quella sanitaria, non possa essere superata se non con un balzo in avanti, anzi fuori, che ci faccia intravedere un’alternativa di sistema.

 

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