Progetto didattico Guerra e Lavoro
In memoria di Abd El Salam,
insegnante e facchino,
ucciso per aver difeso gli altri.
INTRODUZIONE
Conoscere nelle scuole la lotta di classe.
Il progetto didattico “Guerra e lavoro”
La conferenza “Alternanza scuola-lavoro: la formazione dei nuovi schiavi […]” s’inserisce nel progetto didattico “Guerra e lavoro”, che da quattro anni si svolge nel Liceo scientifico statale “Louis Pasteur” di Roma.
Il progetto è finalizzato alla riflessione sulla tendenza alla guerra del sistema capitalistico nella sua fase imperialista, sulle lotte antimperialiste dei popoli e delle classi oppresse, sullo sfruttamento e la precarizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori, sulla repressione delle lotte sociali, sulla crisi economica, sulle responsabilità della cultura e dell’informazione ufficiale nella narcotizzazione delle coscienze di fronte ai principali problemi dell’umanità offesa.
Il progetto porta a scuola la conoscenza d’importanti lotte sociali attuali (anche con testimonianze dirette) e intende sensibilizzare lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti ai temi sociali più scottanti, contrastando molti luoghi comuni e il diffuso atteggiamento passivo e indifferente dei soggetti, spesso incoraggiato da un sapere scolastico intriso di nozionismo, conformismo, individualismo.
Quest’anno il progetto è dedicato alla memoria di Abd El Salam, l’insegnante/facchino ucciso a Piacenza da un tir dell’azienda in cui lavorava, la Gls, nel corso di una lotta per la difesa dei diritti dei lavoratori precari.
Il ciclo di attività didattiche del progetto “Guerra e lavoro” relative all’anno scolastico 2016/2017 si articola nei seguenti appuntamenti in ordine di realizzazione:
- 1) La conferenza sul tema della flessibilità dei lavoratori e dei licenziamenti facili dal titolo “Siate flessibili! Ce lo chiede il padrone. La libertà di licenziare le persone e di precarizzarne la vita oggi. Riflessioni e testimonianze operaie sullo smantellamento dei diritti dei lavoratori nella crisi del capitalismo: il Jobs Act in Italia e la Loi Travail in Francia”.
Relatori: Giorgio Cremaschi, sindacalista, Mimmo Mignano, operaio FIAT – Pomigliano d'Arco, Ahmed Hamdin, operaio Gls- Piacenza.
- 2) La proiezione del film “Suffragette” di Sarah Gavron sulle lotte delle donne per il diritto al voto, per l'uguaglianza, contro le molestie sessuali, la disparità salariale e la dipendenza dagli uomini nel Regno Unito agli inizi del ‘900. Nello sfondo sociale dell’oppressione delle operaie il film tratteggia alcune figure di suffragette, come Emmeline Pankhurst, fondatrice della Women's Social and Political Union, o Emily Davison, morta sotto il cavallo di re Giorgio V per guadagnare l'attenzione dei media. Donne costrette ad agire clandestinamente contro uno Stato sempre più brutale.
- 3) La conferenza sul tema dell’Alternanza scuola-lavoro dal titolo “Alternanza scuola-lavoro: la formazione dei nuovi schiavi. Le mani del privato sulla scuola pubblica. Dalla libertà d’insegnamento e dal diritto allo studio alla logica del profitto”.
Relatore: prof. Luciano Vasapollo dell’Università “La Sapienza” di Roma.
- 4) La conferenza sul movimento NO TAV e la repressione di Stato dal titolo “La guerra ai territori e al libero pensiero. Riflessioni sul rapporto tra capitalismo, distruzione dell’ambiente, democrazia. Il movimento NO TAV in Val di Susa e le risposte repressive dello Stato contro la mobilitazione popolare, i militanti, gli intellettuali”.
Relatrice: Nicoletta Dosio, prof.ssa di Greco antico e attivista storica del Movimento NO TAV della Val di Susa.
La proiezione del film e le conferenze sono state seguite dal dibattito.
Hanno partecipato ad ogni attività sei classi di alunni e alunne di terzo, quarto e quinto anno accompagnati dai docenti.
La conferenza “Alternanza scuola-lavoro: la formazione dei nuovi schiavi ”.
“Un saper-fare contrapposto al sapere”
Venerdì 16 dicembre 2016 si è tenuta nel Liceo scientifico statale “Louis Pasteur” di Roma la conferenza “Alternanza scuola-lavoro: la formazione dei nuovi schiavi. Le mani del privato sulla scuola pubblica. Dalla libertà d’insegnamento e dal diritto allo studio alla logica del profitto”. Una riflessione su uno degli aspetti più contestati dagli studenti e dai docenti della riforma scolastica introdotta dalla legge 107/2015, la cosiddetta “Buona scuola”. L’Alternanza scuola-lavoro irrompe prepotentemente nelle aule scolastiche, alterandone il tradizionale percorso didattico. La legge promette un collegamento tra il mondo delle aziende e quello dell’educazione scolastica e finalizza l’intervento didattico allo sviluppo e alla valorizzazione delle competenze degli alunni e delle alunne, il cosiddetto “saper-fare”. La conferenza riflette sulle critiche e sui dubbi sollevati in relazione a questo “nuovo” indirizzo “pedagogico”. Sono almeno cinque i principali problemi relativi all’Alternanza scuola-lavoro che hanno animato il dibattito pubblico nelle scuole e nelle piazze.
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L’introduzione nella scuola pubblica di un nuovo modello educativo che riflette lo stato di assoggettamento della politica e in particolare delle politiche dell’istruzione alle esigenze del mercato. Cambiano le stesse finalità dell’educazione. La scuola era (almeno in teoria) il principale organo addetto alla formazione dell’uomo e del cittadino, un gymnasium per lo sviluppo della capacità di pensare. Con l’Alternanza scuola-lavoro, invece, la scuola si degrada ad avviamento professionale; lo studente e la studentessa non sono più, rispettivamente, un uomo e una donna, ma impiegati o consumatori. Non più la libertà di critica al posto di comando, ma la McDonald’s con i suoi profitti e con i suoi panini nocivi alla salute.
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L’impoverimento della qualità dello studio e la decurtazione delle ore dedicate all’insegnamento delle singole discipline. Spesso i ragazzi e le ragazze sono coinvolti con l’Alternanza scuola-lavoro in attività prive di valore didattico: stampare fotocopie, staccare biglietti, servire ai tavoli, etc.
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Un sistema scolastico che educa alla flessibilità e alla schiavitù e che abitua gli studenti e le studentesse, anche nella pratica, alla precarietà e ai diktat neoliberisti del mercato selvaggio, non retribuendone la forza lavoro. Si riproduce a scuola la prassi dello sfruttamento delle persone che vengono pagate non con un salario, ma con punti che, come si dice, “fanno curriculum”.
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L’accostamento-assoggettamento della scuola pubblica all’azienda, associato subdolamente e ingannevolmente a una quasi promessa di lavoro per i giovani.
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Le difficoltà pratiche di applicazione della legge 107/2015, un sistema inefficiente che ha generato molta confusione sia presso le aziende sia presso le scuole.
La conferenza ha inteso illuminare l’altra faccia dell’Alternanza scuola-lavoro anche con riferimenti alle mobilitazioni degli studenti e dei docenti in piazza. La critica alle politiche scolastiche del governo Renzi è stata inserita nel contesto di una riflessione generale sul rapporto tra pensiero unico e capitalismo, tra democrazia e conflitto sociale, tra verità dei fatti e disinformazione dei mass media, tra sapere tecnico e sapere umanistico, tra bisogni indotti e falsa coscienza. Nella cornice tecnologica della quarta rivoluzione industriale la crisi economica ha aperto scenari inediti, una volta impensabili, in cui i figli stanno peggio dei padri e assistono inerti allo smantellamento del welfare state. Docenti e discenti si sono interrogati sulle responsabilità dell’Unione Europea in questo processo di involuzione politica della società. Una domanda su tutte ha guidato la riflessione: qual è il vero ruolo della scuola? Rendersi complice del capitale o favorire il pensiero critico?
Gli studenti e le studentesse coinvolti hanno girato e montato il video della conferenza e trascritto il testo integrale degli interventi nel presente libretto.
Prof. Salvatore Bullara
(Referente del progetto didattico “Guerra e lavoro”)
Testo della conferenza
Alternanza scuola-lavoro:
la formazione dei nuovi schiavi.
Le mani del privato sulla scuola pubblica.
Dalla libertà d’insegnamento e dal diritto allo studio alla logica del profitto”.
Relatore:
Luciano Vasapollo,
prof. di “Metodi e analisi economica dei problemi dello sviluppo” all’Università degli Studi di Roma "La Sapienza".
APERTURA DEI LAVORI
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Prof. Salvatore Bullara:
Un saluto a tutti gli studenti, il personale ATA e i docenti qui presenti. Benvenuti!
Benvenuto al professor Luciano Vasapollo (applauso, N.d.R.).
Il presente incontro è il terzo del ciclo di riflessioni e dibattiti dell’anno scolastico 2016/2017 relativo al progetto didattico “Guerra e lavoro” del nostro liceo.
Come sapete, il progetto vuole approfondire sia i temi della guerra sia quelli del lavoro; quest’anno ci siamo concentrati maggiormente su questi ultimi, ma le due dimensioni sono legate.
Il tema della conferenza di oggi, l’Alternanza scuola-lavoro, è attualissimo e voi, studenti di terzo e quarto anno, siete direttamente coinvolti. Non abbiamo invitato, infatti, classi quinte perché non sono tenute a frequentare le attività previste dall’Alternanza scuola-lavoro. Era più opportuno riservare i posti a sedere dell’aula conferenze ad alunni e alunne che stanno vivendo direttamente questa esperienza. La presente conferenza si prefigge l’obiettivo d’illustrare un punto di vista critico sul tema in questione per offrire uno spettro più ampio di spunti di riflessione agli studenti e alle studentesse che vi partecipano. Avete già appreso durante la precedente conferenza qual è il taglio analitico del progetto “Guerra e lavoro”. Come avete visto, questi incontri offrono una narrazione diversa da quella del Governo, di Confindustria e di chi ha accettato la “riforma” della cosiddetta “Buona scuola” di Renzi. Qui parliamo di scuola e di lavoro imboccando un sentiero diverso da quello ufficiale per consentire ai ragazzi di conoscere tutte le posizioni in campo.
L’Alternanza scuola-lavoro è stata esaltata dalle istituzioni, ma, come avete visto già nella precedente conferenza, la dimensione del lavoro ha anche un aspetto nascosto; lo stesso punto di vista dei lavoratori e delle lavoratrici rimane all’ombra nel racconto ufficiale. Con il nostro studio illuminiamo un punto di vista critico, scientifico. La nostra conoscenza non si può dissociare dal percorso di trasformazione della realtà, perderebbe scientificità. Per questo motivo auspichiamo e incoraggiamo importanti ricadute di questi momenti di riflessione nelle vostre assemblee d’istituto e di classe, nelle piazze in cui manifestiamo sia come studenti e studentesse sia come lavoratori e lavoratrici.
I vari governi si comportano come veri e propri comitati d’affari dei capitalisti. Il loro operato di solito è sostenuto dalla propaganda, dalle omissioni, dalle aperte menzogne dei grandi mezzi dell’informazione ufficiale. Le varie fazioni della classe dominante gareggiano con un certo attrito, senza mai uscire dal quadro di una sostanziale complicità con le logiche dello sfruttamento, coperte di volta in volta con bugie di vario tipo. Dunque, il progetto “Guerra e lavoro” vuol contribuire allo smascheramento delle teorie che supportano lo sfruttamento, una prassi osteggiata dai canali ufficiali dell’informazione (scuola compresa).
Con l’Alternanza scuola-lavoro lo Stato considera gli studenti e le studentesse come futuri lavoratori. Per questo motivo dobbiamo riflettere in modo critico sulla giungla del lavoro che vi aspetta. Tra qualche anno nella vostra solitudine di lavoratori senza diritti sentirete l’esigenza di organizzarvi in un sindacato, in un partito politico per lottare contro chi smantella le conquiste della civiltà del lavoro, acquisite nel passato, ma già da studenti occorre cominciare a mobilitarsi contro chi vi forma alla schiavitù di domani. Noi docenti avremmo il dovere di formarvi alla ribellione contro le nuove forme di schiavitù. La ribellione contro l’interesse privato, che vuol modellare le nostre teste per renderle più funzionali alle esigenze dello sfruttamento. Questi temi affronterà il professor Luciano Vasapollo, al quale rinnoviamo il nostro benvenuto (applauso, N.d.R.). Il professor Luciano Vasapollo insegna all’Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Do il benvenuto anche alle studentesse e agli studenti universitari che oggi lo hanno accompagnato qui per assistere alla conferenza e che sono seduti in prima fila.
Il Professor Luciano Vasapollo è laureato in Economia e Commercio all’Università “La Sapienza”, ivi insegna “Metodi e analisi economica dei problemi dello sviluppo”. Egli si occupa di economia internazionale ed è delegato dal rettore per le relazioni con l’America latina. Luciano Vasapollo ha scritto vari testi; ne elenco solo alcuni:
- “La crisi del capitale. Compendio di economia applicata. La mondializzazione capitalistica”, Jaca Book;
- “Storia di un capitalismo piccolo piccolo. Lo stato italiano e i capitani d'impresa dal '45 a oggi”, Jaca Book;
- “Terroni e campesindios. Da sud a sud, per un’educazione alla democrazia popolare della terra”, Jaca Book;
- Trattato di economia applicata. Analisi critica della mondializzazione capitalista, Jaca Book;
- “Eppure il vento soffia ancora. Capitale e movimenti dei lavoratori in Italia dal dopoguerra ad oggi, con Donato Antoniello”, Jaca Book.
Oggi invitiamo il professor Luciano Vasapollo nella nostra scuola perché illustri in modo critico il tema dell’Alternanza Scuola-Lavoro.
Questi studenti (il professor Salvatore Bullara si rivolge al professor Luciano Vasapollo, N.d.R.) hanno partecipato alle attività di studio obbligatorie dell’Alternanza scuola-lavoro previste dalla legge 107/2015 della cosiddetta sulla “Buona scuola”, in cui, a mio avviso, il tema del lavoro è stato trattato in modo unilaterale, perché il punto di vista dell’impresa, lo stesso del Governo, ha occupato la scena.
Ma prima di lasciare la parola al professor Luciano Vasapollo, volevo avviare la proiezione di alcuni brevi filmati, che vedono coinvolti molti studenti e studentesse della vostra età nella lotta contro l’Alternanza scuola-lavoro e la legge 107/2015. Questa dimensione giovanile di protesta è stata generalmente oscurata dai mezzi d’informazione. In particolare gli alunni e le alunne della nostra scuola si son mostrati passivi agli stimoli della mobilitazione studentesca nazionale. Per esempio, il 7 ottobre 2016, quando in tutta Italia gli studenti e le studentesse scendevano in piazza, io non ho visto alcuna lotta al liceo "Pasteur". Ebbene, conferenze di questo tipo servono a stimolarvi, affinché prendiate atto della situazione, prendiate posizione, scendiate anche in piazza. Infatti, l’obiettivo della nostra conoscenza è anche pratico; non vogliamo soltanto studiare, ma anche trasformare il mondo insieme alle studentesse e agli studenti universitari, ai genitori, ai docenti, ai disoccupati e alle disoccupate, agli altri lavoratori e alle altre lavoratrici.
Le attività di Alternanza scuola-lavoro collegano e sottomettono la cultura al mondo della produzione e del consumo. Una delle locandine che abbiamo distribuito cita una nota frase della canzone “Morire” del gruppo “CCCP Fedeli Alla Linea”: “PRODUCI, CONSUMA, CREPA”. Sfuggiremo a questo diktat del sistema del profitto? Ci si può riuscire!
Vediamo alcuni filmati e poi passo la parola al professor Luciano Vasapollo.
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Proiezione di alcuni filmati sulle lotte studentesche contro l’Alternanza scuola-lavoro e la legge 107/2015.
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Filmato n°1: “ ‘Buona scuola’: parlano gli studenti”.
Fanpage, Servizio di Beppe Pace.
https://www.youtube.com/watch?v=YMLlTNdAZB0
Pubblicato il 02 aprile 2015 su http://youmedia.fanpage.it
Si vedono scene di cortei studenteschi. I giovani spiegano i motivi della protesta contro il DDL del Governo sulla scuola, da poco depositato ufficialmente alla Camera.
Lo studente intervistato dice: «E’ un attacco frontale da parte del governo Renzi al mondo della scuola, al mondo del lavoro, al mondo dei diritti e delle tutele civili, degli studenti e in generale dei cittadini».
La studentessa intervistata dice: «Il loro unico scopo è renderci dei numeri, delle teste da riempire con il nozionismo, per compilare test a crocette senza darci una cultura vera, una cultura che serve alla vita che ci dia passioni, che ci faccia appassionare alle cose che studiamo».
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Filmato n°2: “Studenti in piazza contro l'alternanza scuola-lavoro di Renzi”.
Tcs 116 Giornalenisseno. Caltanissetta
https://www.youtube.com/watch?v=ulE7elTgg24
Pubblicato il 07 ottobre 2016.
Sullo schermo scorrono foto e scene dei cortei studenteschi del 7 ottobre 2017 di Palermo e Caltanissetta.
La voce della cronista dice: «Gli studenti delle scuole superiori sono scesi questa mattina, 7 ottobre, nelle piazze italiane per il primo corteo studentesco dell’anno organizzato da studenti medi contro la riforma della buona scuola; gli studenti dicono di essere contro ogni forma di sfruttamento, contro l’Alternanza scuola-lavoro, i presidi manager, l’aziendalizzazione e la privatizzazione delle scuole, lo smantellamento degli istituti. “L’ultimo attacco che abbiamo subito noi studenti” - dicono i ragazzi di Palermo - “è la riforma della ‘Buona scuola’; nella scuola-azienda di Renzi si creano soggetti volutamente abituati alla precarietà, al disciplinamento e al lavoro gratuito; questo fa l’Alternanza scuola-lavoro: toglie spazio ad un vero apprendimento e abitua gli studenti allo sfruttamento e alla mancata retribuzione”. La manifestazione, come detto, si è tenuta contemporaneamente in diverse città italiane, anche a Caltanissetta, in Piazzetta della Repubblica, dove gli studenti hanno parlato, oltre che dell’Alternanza scuola-lavoro, dei trasporti, del referendum costituzionale e della rappresentanza […].».
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Prof. Salvatore Bullara:
Vediamo ancora qualche altro video e poi passo la parola al professor Luciano Vasapollo; così, per sottolineare ciò che succede intanto nelle nostre piazze, perché fuori da questa scuola c'è un movimento che si oppone a questa legge voluta dal governo e quindi anche all’Alternanza scuola-lavoro, anzi, direi che la protesta si avventa soprattutto su questo punto della legge. Dunque, con questi video usciamo virtualmente dalla nostra scuola. Chiusi tra queste mura, non si può avere un’idea realistica del mondo circostante. Il “Pasteur” frequenta poco questa dimensione della protesta di massa, qui sfugge l’idea di un’altra voce, si ascoltano solo i telegiornali, si legge solo qualche rivista.
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Proiezione di altri filmati sulle lotte studentesche contro l’Alternanza scuola-lavoro e la legge 107/2015.
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Filmato n°3: “Milano, studenti contro il ministro Giannini: l'azione di protesta contro gli stage non retribuiti”.
“L’Arena”, giornale on line,
Servizio di Elena Peracchi
Pubblicato il 22 02 2016.
Il collettivo universitario the Take e alcuni studenti e studentesse degli istituti superiori della città hanno contestato l'Alternanza scuola-lavoro, prevista dalla nuova riforma della scuola.
Si vedono sullo schermo ragazzi e ragazze che, ironizzando sull’Alternanza scuola-lavoro, si presentano nella sede di Confindustria, vestiti in abiti da lavoro, per pulirne con un aspirapolvere i pavimenti. Gli studenti e le studentesse dicono al megafono: «Siamo qui per svolgere i lavori. Ci avete chiamato, quindi siamo qua. Sono quattrocento ore nei professionali e duecento nei licei». L’impiegata di Confindustria blocca i ragazzi all’ingresso dei locali. Intanto fuori, in strada, altri ragazzi e ragazze parlano al megafono. Il presidio è stato organizzato ad Assolombarda, dove è atteso il ministro all'Istruzione Stefania Giannini per un convegno. I contestatori, prima di esporre striscioni e manifesti, sono entrati con aspirapolveri e telefoni, fingendosi stagisti non retribuiti costretti ad accettare, a causa della riforma, lavori che - secondo loro - nulla avrebbero a che vedere con il proprio percorso di studi. Davanti alla sede di Confindustria lo studente al megafono dice: «Cittadini, alle 14:30, sempre qui davanti, ci sarà un presidio degli studenti, dei professori e dei precari per ribadire per l’ennesima volta che l’unica “buona scuola” che vogliamo è quella meticcia, gratuita, aperta a tutti e non quella dello sfruttamento del lavoro gratuito». Gli studenti e le studentesse urlano il seguente slogan al megafono: «La scuola è un diritto, lo stage è un ricatto. Non lavoro gratis, manco fossi matto». Sugli striscioni figurano i seguenti slogan: ”Vogliamo imparare a non farci sfruttare. La nostra scuola vale più dei vostri profitti!”, “Le scuse non bastano, cacciamo la Giannini, abolire la riforma!”. I ragazzi e le ragazze affiggono manifesti contro lo sfruttamento sulle pareti esterne del palazzo di Confindustria.
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Filmato n°4: “Diritto allo studio: studenti in piazza per la “Buona Scuola”.
Andria News 24 City
http://andria.news24.city/2016/11/17/diritto-allo-studio-studenti-in-piazza-contro-la-buona-scuola/
Pubblicato il 17 novembre 2016
Il filmato riproduce scene della mobilitazione studentesca di Andria che culmina in una piazza dove gli striscioni dei manifestanti sono poggiati per terra. E’ la giornata del diritto allo studio. Gli studenti e le studentesse scendono in piazza contro la riforma della “Buona Scuola” ma anche per puntualizzare temi territoriali. L’Alternanza Scuola-Lavoro non piace a questi giovanissimi. Lo studente intervistato, Nicola Catapano, dichiara: «Siamo contenti innanzitutto dell’ampia partecipazione da parte degli studenti, anche perché a ottobre abbiamo deciso di non scendere in piazza, proprio perché ci tenevamo a informare gli studenti riguardo alle tematiche della manifestazione. Sostanzialmente noi ci schieriamo contro la riforma della “Buona scuola” e soprattutto contro l’Alternanza scuola-lavoro. Infatti, la nostra vertenza principale è quella contro l’accordo stipulato dal MIUR con multinazionali come Zara, McDonald, Intesa San Paolo che portano gli studenti a fare un’Alternanza scuola-lavoro che dovrebbe in realtà avere ricadute pedagogiche sugli studenti, ma queste ricadute non ci sono. Parlo di studenti per esempio di licei o anche istituti tecnici che dovrebbero seguire un certo percorso e sono costretti invece per l’Alternanza a non poterlo seguire. Per esempio, sappiamo che Mc Donald ha garantito ventisette mila posti agli studenti in Italia e ciò significherebbe che gli studenti in Italia sarebbero portati a fare Alternanza scuola-lavoro in un Mc Donald, un simbolo dello sfruttamento dei lavoratori. Ci schieriamo anche a favore della democrazia scolastica e della democrazia in generale».
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Filmato n° 5: “Bologna, studenti protestano davanti al McDonald's. Nel mirino l'Alternanza scuola-lavoro” di Andrea Zanini.
http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/video/studenti-protesta-mcdonalds-1.2685835
Resto del Carlino on line.
Pubblicato il 17 novembre 2016
Un corteo di studenti e studentesse irrompe nei locali di McDonald's urlando al megafono critiche all’Alternanza scuola-lavoro. I ragazzi e le ragazze protestano contro l’accordo tra il ministero dell'Istruzione e sedici organizzazioni, tra cui McDonald's, il colosso americano del fast food.
I giovani davanti al McDonald’s urlano al megafono: «Noi non accettiamo questo presente di precarietà e di sfruttamento. Noi pensiamo che anche così, irridendo il potere, irridendo chi vuole che gli studenti siano sfruttati dal McDonald’s o in un sistema d’imprese come la FIAT che delocalizza... (il discorso del ragazzo al megafono s’interrompe, N.d.R.)». Gli studenti cantano in coro: «ORA BASTA! DECIDIAMO NOI! DECIDIAMO NOI! DECIDIAMO NOI!».
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Filmato n°6: “Milano, blitz studenti a McDonald’s in Duomo: ‘Accordo scuola-lavoro indigeribile’”.
Il FattoQuotidiano.it.
Pubblicato l’11 novembre 2016.
Nel video si vedono gli studenti e le studentesse mentre occupano un locale di McDonald’s a Milano per protesta contro le politiche scolastiche del governo. I ragazzi e le ragazze raggiungono le casse e distribuiscono volantini, si siedono per terra, urlano slogan. Alcuni di loro indossano parrucche rosse simili a quelle del clown mascotte McDonald’s, appendono striscioni tra i tavolini, dove i clienti del McDonald's fanno colazione. Gli studenti e le studentesse urlano lo slogan: «CHE MCDONALD’S E' UNA MERDA, SI, LO SO!».
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Filmato n°7: “Milano, blitz al Mc Donald's: studenti occupano il fast food”.
Italia News
https://www.youtube.com/watch?v=Ui4SAIC1W0s
Pubblicato l’11 novembre 2016.
Sempre a Milano, alla stessa manifestazione del video precedente, gli studenti dentro i locali McDonald's urlano lo slogan «Ci bocciano, ci sfruttano, ci danno l'happy meal. E’ questa la loro scuola-lavoro». Lo studente al megafono afferma: «Oggi noi diciamo no al McDonald’s, diciamo no al governo Renzi e diciamo no alle sue riforme». I ragazzi fuori dal locale esibiscono lo striscione contro McDonald’s con scritto “Il vostro sistema è indigeribile” e accendono dei fumogeni.
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Filmato n°8: “Scuola, la protesta degli studenti: 'La buona scuola di Renzi è un fallimento'”.
Euronews.
https://www.youtube.com/watch?v=QC0z5QicQVE
Pubblicato il 07 ott 2016
Si vedono studenti e le studentesse in corteo. Uno di loro è intervistato prima delle cariche della Polizia. La voce della cronista del tg Euronews dice: «”La buona scuola di Renzi è un fallimento”. Lo hanno gridato migliaia di studenti che hanno marciato da Milano a Palermo contro le politiche sull'istruzione. A Bologna due cortei hanno attraversato il centro. Anche a Roma gli studenti scendono in piazza contro “l'aziendalizzazione delle scuole e lo smantellamento dell'istruzione pubblica”. Lo studente intervistato dice: «Questa manifestazione è un messaggio diretto al governo e diretto all'Europa. Anni e anni di politiche europee, che sono appoggiate dal governo Renzi, hanno smantellato letteralmente l'istruzione pubblica, arrivando a costruire la scuola di classe, la scuola in cui non tutti gli studenti hanno le stesse possibilità. Una scuola in cui il reddito è il fattore determinante».
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Prof. Salvatore Bullara:
Questi video introduttivi ci dicono che esistono delle lotte studentesche fuori dalla nostra scuola. Si va poco in piazza in questa scuola e dunque io vi porto la piazza qui.
Adesso passo la parola al professor Luciano Vasapollo (applauso, N.d.R.).
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Prof. Luciano Vasapollo:
Innanzitutto cominciamo, ovviamente, con un ringraziamento ai vostri professori che questa conferenza hanno voluto e a voi che mi ascoltate.
Sono già stato qui, penso un paio di anni fa. Sono contento di essere ritornato.
Questa è una giornata di lezione e di lotta. Penso che sia il caso di fare un applauso a tutti coloro che lottano per cambiare questa società, a partire da voi che oggi siete qui per sentire voci dissonanti e ai ragazzi che avete visto in questi video che si mettono in discussione in una società che, invece, non vuole far pensare. Quindi, grazie a chi lotta! (Applauso, N.d.R.).
Cercherò di farvi sentire delle voci che, purtroppo, né i giornali di destra né i giornali di sinistra né le televisioni né il governo Berlusconi e tantomeno il governo Renzi vi raccontano in maniera oggettiva ed equilibrata.
Se vi stancate, lo dite ai vostri professori e ci fermiamo. Non è assolutamente un problema. Mi piacerebbe se riuscissimo prima della fine della conferenza a dedicare anche una mezzora alle vostre domande, perché vorrei sentire la vostra voce. Insegnamento, accademia dovrebbero essere interscambio di informazioni. La vera cultura, quella con la “C” maiuscola, va aldilà della scuola. Io vengo da una famiglia contadina del sud, mia madre e mio padre erano contadini, avevano la quinta elementare, ma non per questo non erano colti. La scuola dovrebbe, invece, favorire una visione completa delle cose e non un pensiero unico che massacra le teste in modo terroristico.
Passeremo due ore piacevoli, non fosse altro che per dire: «Ho sentito un matto che parla della scuola e dell'università pubbliche in maniera diversa dagli altri».
Ringrazio la decina di ragazzi universitari, miei allievi, che stanno assistendo alla conferenza.
Dico sempre loro: «Abituatevi a pensare!». Purtroppo quest’università non vi fa pensare. Entrate nelle aule e c è il pensiero unico. Non è vero che trovate delle scuole a confronto. Le presunte scuole a confronto sono quelle che, comunque, fanno riferimento alla società neoliberista, alla società dell’impresa, delle multinazionali. Non è vero che il pensiero critico, quello eterodosso, per esempio, quello ambientalista o quello marxista, o altri metodi, ecc., siano rappresentati all’interno dell’università, ancor meno nelle scuole superiori e nel governo.
Voi direte: «Ma se il professor Vasapollo attacca sin dall’inizio i provvedimenti di Berlusconi e di Renzi, di che cosa è venuto a parlarci?». Io vi parlo dei vostri bisogni, dei vostri interessi. Per me, il vero governo, il governo amico, è quello che fa gli interessi della gente, dei lavoratori, degli studenti, dei docenti. Il governo che risolve i problemi: un lavoro buono per voi giovani, la casa popolare per chi non può affittarsene una o non può pagare il mutuo, per i super sfruttati e gli schiavi nella McDonald’s.
La cultura non è solo quella dei centri commerciali, dove avviene la cosiddetta “desocializzazione”. A che cosa è servito il centro commerciale alla classe dominante? Se capiamo questo, comprendiamo il ruolo della scuola. Il centro commerciale è servito per desocializzare i quartieri.
Quando avevo l’età vostra, tanti anni fa, circa quaranta, la struttura dei quartieri romani e delle grandi città era completamente differente rispetto a oggi. Il quartiere era un momento di vita sociale, cioè, tu andavi dal macellaio, dal fruttivendolo e parlavi con lui, avevi una relazione sociale. Si discuteva del perché i prezzi fossero aumentati, dell’idea che avevamo del commercio, della società. Andavi a giocare al pallone. Giocavi o con la squadra della parrocchia, per chi era cattolico, o con la squadra dell’ARCI, per chi invece era laico, per chi era vicino ai movimenti di sinistra, comunisti, ecc. I ragazzi cattolici socializzavano all’interno della parrocchia, parlavano, discutevano. Noi parlavamo nei collettivi o nelle sezioni del Partito Comunista. La nostra società discuteva e confliggeva. Ragazzi, la parola “conflitto”, per favore, intendetela nella sua accezione assolutamente costruttiva e costituzionale. Che cosa vuol dire questo? Che una società in cui vive il conflitto è una società democratica, che cresce. Se voi leggete la storia del movimento operaio, del movimento studentesco, ecc. le più grandi conquiste sociali democratiche, la scuola pubblica, lo statuto dei lavoratori, la sanità pubblica, l’istruzione pubblica, la legge sul divorzio, la legge sull’aborto, ecc., sono state conquistate nel momento in cui il conflitto era alto, cioè quando il movimento studentesco rivendicava il diritto allo studio (come i ragazzi che avete visto nei filmati poco fa), quando il movimento operaio era forte e organizzato contro lo sfruttamento, contro Confindustria, contro il padronato. Ragazzi, non è spregevole o brutto da dire che la società vive di una composizione di elementi contraddittori e che non è formata da cittadini. La parola “cittadino” è ambigua, tutti siamo cittadini, però dentro una società vivono bisogni e interessi divergenti. E’ una società di classe, che vi piaccia o no, che piaccia o meno alla televisione. Una società in cui coabitano interessi divergenti e contrapposti.
Nel contesto di questo conflitto tra interessi la politica, un tempo, cercava una mediazione, individuando un più alto livello di confronto/scontro. Da questa mediazione del conflitto si aprivano spazi di democrazia. Da quando, invece, ci hanno detto che il conflitto è una brutta cosa, da quando i sindacati confederali hanno abdicato completamente al conflitto, da quando lo Stato, invece di mediare nel conflitto, si schiera completamente con l’azienda, diventando parte del conflitto, da quel momento il processo democratico si è arrestato. Cioè, che cosa dovrebbe fare lo Stato? Date due parti in contrapposizione, lo Stato dovrebbe con delle leggi mediare tra di esse, affinché sia possibile la “convivenza civile”. Ma questo non avviene più. Per esempio, il nostro stesso parlamento non è più rappresentativo di tutti gli interessi della società. Io vado a votare, ovviamente non rinuncio a un diritto che è stato conquistato con il sangue, il diritto di voto, ma vi confesso che spesso annullo la scheda, cioè vado perché rivendico un diritto, però, se non mi sento rappresentato, annullo la scheda. Comunque, non dico: «Non vado a votare». Perché, se ci tolgono anche quel diritto, è la fine.
Ragazzi, io sono tornato l’altro ieri da Cuba. Come vi diceva il vostro professore, io svolgo una funzione istituzionale dell’Università “La Sapienza” di Roma, la funzione di vice rettore per i rapporti degli studenti, dei professori e dei ricercatori con tutta l’America latina e i Caraibi. Dunque, viaggio molto, anche per cercare di rompere questa catena scuola-lavoro e per cercare di importare relazioni di ricerca, amicizia tra i popoli che facciano crescere le coscienze, ecc.
Prima ho parlato di pensiero unico. Penso che il terrorismo che subiamo più fortemente in questa società sia quello della “cultura” e della comunicazione, dove il termine “cultura”, ovviamente, è tra virgolette, perché in realtà “cultura” è una parola nobile.
Come vi dicevo, sono tornato l’altro ieri sera, da un lungo viaggio a Cuba; sono ancora stanco. Io sono consulente del governo dello Stato cubano e mi hanno, ovviamente, invitato a dare un ultimo saluto a Fidel Castro, morto 25 novembre 2016. Reputo Fidel un padre, perché ho collaborato molto con lui. Può piacere o non piacere, potete essere d’accordo o in disaccordo con il socialismo, potete essere d’accordo o meno con Cuba e la sua struttura politica, se avete le vostre idee, difendetele, però, ragazzi, non si devono distorcere i fatti. Io sono partito dall’Italia mentre la televisione restituiva una rappresentazione distorta della figura di Castro.
La rappresentazione di un uomo che ha attraversato il secolo, dando un contributo di solidarietà non solo a Cuba, ma anche a vari Paesi del terzo mondo, mandando medici e insegnanti gratuitamente anche agli Stati governati dal centro-destra. Ma non dobbiamo creare miti, non c’è chi non abbia commesso errori, non esiste un sistema senza limiti e contraddizioni. L’ideologia, in questo senso non nobile del termine, non vi serve. Se mitizzassi i leader politici o gli Stati, farei la stessa operazione delle televisioni e dei giornali istituzionali.
Nonostante le contraddizioni, però c’è qualcuno che marcia a rovescio rispetto ai dettami del Fondo Monetario Internazionale.
Io sono partito con questa visione: «E’ morto un dittatore», «Ultima dittatura del secolo xx». La televisione trasmetteva scene di protesta negli USA contro Fidel in occasione della sua morte. Da una parte l’immagine di Fidel Castro e dall’altra cinquanta o cento cubani di Miami che esultavano per la sua morte. Non si può generalizzare, ma la maggior parte dei cubani di Miami sono mafiosi. Sono quelli del film “Scarface”, quelli che sono andati via da Cuba perché dovevano scontare l’ergastolo o venti anni di carcere. Arrivano a Miami e diventano la mafia cubana. Anche noi italiani abbiamo esportato la mafia altrove. Noi abbiamo esportato tante braccia, tanta gente che è morta di fatica, che si è sacrificata, che ha dato la propria vita per lo sviluppo, ma abbiamo esportato anche Al Capone e company. Ogni migrazione ha i suoi lati e le sue contraddizioni. Dunque, prima di dire che i rumeni fanno schifo, pensiamoci bene.
Ma torniamo al nostro tema. Queste cinquanta o cento persone erano rappresentate nelle nostre televisioni come il popolo di Cuba che si rallegrava e festeggiava per la morte di Fidel Castro. Questa è stata la comunicazione dei giornali di destra e di sinistra.
Prima di partire ho organizzato una conferenza stampa, dato il mio ruolo di consulente dei governi di Cuba, della Bolivia e del Venezuela. Ho convocato una conferenza stampa dicendo: «Parto, invito un giornalista a venire con me e gli pago i biglietti dell’aereo con i miei soldi». Non sono ricco, vivo di stipendio, ma, nonostante i tagli, ho uno stipendio buono, rispetto a chi guadagna cinquecento euro al mese. Dunque, ero disposto a pagare il viaggio a un giornalista, dissi: «Sceglietelo voi, di destra, di sinistra, venga a Cuba a scattare le sue fotografie, mandatele in onda in televisione». Ovviamente, con me non è partito nessun giornalista.
Se volete, in un’altra occasione, anche a gennaio, potremmo approfondire con un seminario il tema in questione, potremmo vedere delle fotografie per confrontare popoli e culture.
Assecondando la volontà di Fidel Castro, le autorità di Cuba hanno cremato la sua salma ed hanno organizzato una carovana in suo onore.
Quando Fidel Castro ha guidato la rivoluzione del ’59 del popolo cubano, ha seguito il percorso da Santiago all’Avana. Sono circa 950 km. Oggi, in occasione dei funerali di Fidel, le autorità di Cuba hanno deciso che il corteo funebre dovesse seguire il percorso inverso, da L’Avana al cimitero di Santiago.
Questi 950 km non sono stati percorsi sulla Carretera Central, cioè sull’autostrada (che comunque non è paragonabile a una delle nostre autostrade, bensì a una delle nostre superstrade).
Anch’io sono andato a L’Avana. Ho fatto un viaggio massacrante di diciotto ore, perché chiaramente la carovana andava lentamente. 950 Km di persone lungo la strada, senza soluzione di continuità: una catena umana, che, in maniera dignitosa, senza fanatismo, salutava un suo rappresentante. A me potete credere o no, ma vi porto le fotografie.
Qualcuno individua errori nella gestione dello Stato cubano, ma 950 km di bambini, di studenti, di professori, di contadini, non si possono negare. Non c’era una casa, anche umile con la gallinella davanti, che non avesse la bandiera cubana per il saluto al passaggio di Fidel Castro. Un silenzio molto dignitoso.
Questa esperienza, ragazzi, qui in Italia non è stata raccontata. Non è stato raccontato che a Piazza Antonio Maceo di Santiago c'era un milione di persone. Non è stato raccontato che le ceneri di Fidel Castro sono state messe, non in una tomba dal valore di centocinquanta miliardi di euro, ma in una pietra bianca con un buco dentro, poggiate lì. Non è stato detto che Fidel Castro ha rotto una tradizione, purtroppo, comune anche ad alcuni leader rivoluzionari e comunisti, quella di essere, dopo la morte, imbalsamati, venerati, ecc. Nel suo testamento Fidel Castro dice di non volere assolutamente che gli si dedicasse una statua, un monumento, un museo, il suo nome su una scuola, un busto. Fidel diceva che il popolo cubano sarebbe stato in grado di avanzare, sarebbe stato capace di mettere a frutto gli insegnamenti che questa rivoluzione gli ha dato. Il 27 dicembre il parlamento emanerà una legge che vieterà ogni tipo di rappresentazione di Fidel Castro nella società; altrimenti il privato cittadino a casa sua farebbe costruire, per esempio, un piccolo busto. In America latina questo comportamento è frequente. Se girate per Cuba, vedrete statuette di José Martí, il grande leader che ha combattuto contro il colonialismo spagnolo dell'ottocento.
Perché vi racconto questa mia esperienza a Cuba? Perché vi rendiate conto di come la comunicazione istituzionale distorce i dati di fatto. Qualcuno, se ne avesse l’interesse, potrebbe raccontare questa nostra stessa conferenza di oggi come l’attività di due, tre, cinque pazzi, ultimi docenti ribelli, finalizzata al lavaggio del cervello dei propri studenti. Ovviamente a noi questo non interessa. Però questo qualcuno, non dice che le lezioni che seguite nel corso dell’anno vi abituano all'attuazione di quel progetto “illuminato” di berlusconiana memoria della scuola le tre 'i': inglese, impresa, informatica. Secondo questa prospettiva, la cultura scolastica dovrebbe ridursi ad elementi di conoscenza della lingua inglese, di Internet e del mondo dell’impresa. Non la cultura con la “C” maiuscola, non l'accademia, ma le tre “i”. La comunicazione ufficiale via abitua a usare male termini che, invece, sono nobili. Io sento a volte anche all’università: «Dai! Falla finita! Parliamo seriamente! Non fare filosofia!». Ma stiamo scherzando? Non fare filosofia? La madre di tutte le scienze è la filosofia, l'economia non è una scienza. Ragazzi, chi non conosce la filosofia, la storia del pensiero, non può capire l'umanità e, dunque, non può neppure cambiarla. Invece, vi abituano a dire: «Falla finita! Non fare filosofia!». Sento dire nelle Università anche quest’altra espressione: «Basta con questi discorsi accademici!». Ma come? Dentro le università? Cioè, che cosa dovrebbe essere l'Accademia? Che cosa hanno inteso gli antichi greci con il termine “Accademia”? Accademia è il luogo del sapere, della comunicazione, della discussione. Invece, oggi i saperi come si comunicano? Attraverso la scuola. Ma la scuola com’è pensata? La scuola pubblica (e figuriamoci quella privata) è pensata secondo la stessa logica della dittatura massmediatica, la dittatura della comunicazione; ma in questo caso quest'ultima non passa attraverso il giornale o la televisione, bensì attraverso i libri di testo e molti docenti. Ovviamente, vi prego di non generalizzare. Comunque, molti docenti si fanno strumento di quella che è chiamata “La società della conoscenza”. Ragazzi, già l’espressione stessa m’infastidisce. Attenzione alle parole! Il “Capitale cognitivo”, il “Capitale umano”. C’è una contraddizione intrinseca in queste espressioni: o è capitale oppure è uomo! Che cos’è la “Società della conoscenza”? Quella dell’informatica? Nelle società contadine, i lavoratori, come mio padre, per esempio, non avevano conoscenza? Era la società dell’ignoranza? Non è così, ragazzi! Il problema è da reimpostare: “Che tipo di conoscenza trasmettiamo? Che cos’è il sapere? Per esempio, una delle battaglie che io, insieme a tanti altri portiamo avanti a livello internazionale, in particolare in America latina, è il riconoscimento delle conoscenze, dei saperi come bene pubblico. Che cosa significa ragazzi? Che non sono d’accordo sui diritti d’autore e sui brevetti. Che cosa vuol dire questo? Che non dobbiamo riconoscere le opere d’ingegno delle persone? No. Ci mancherebbe! Se fate una tesina, un libro, etc. dovete citare e virgolettare il pensiero di un altro. Dovete riconoscere che quell’uomo ha lavorato e ha dato un contributo agli altri. Però, un conto è il diritto intellettuale, un altro è la commercializzazione di quest'ultimo.
Ragazzi, i libri non si pagano in una società seria. Il Venezuela ha distribuito nel 2016, questo non si dice in televisione, 77.000.000 (non 77.000) di libri gratuiti. A Cuba la scuola non si paga, ragazzi, dall’asilo nido fino al dottorato d’ingegno, perché i saperi sono un bene collettivo, come l’acqua, un bene comune, sono diritti dell’umanità.
Ragazzi, perché vi facevo l’esempio del centro commerciale? Perché lì si distruggono i saperi. Perché prima vi facevo l’esempio della parrocchia o dell’ARCI o della squadra di calcio? Se uno scienziato sociale, quale noi siamo, vuole conoscere la società, deve viverla. Bisogna uscire, andare al cinema, al centro commerciale. Devo osservare i comportamenti, vedervi, capire la società. Io oggi entro in un centro commerciale e che cosa vedo? Vedo la società del consumismo sfrenato, dove anche il caffè è collocato negli scaffali secondo una logica consumistica: ciò che si consuma meno sta in fondo. Di solito ciò che vedi ad altezza degli occhi è quello che compri. Perché la vecchietta, ovviamente, non si abbassa per prendere una merce non raggiungibile in modo agevole. Se, per esempio, adesso, a Natale, andate in libreria, da Feltrinelli o da Mondadori, i libri di Salvo (il relatore indica il prof. Salvatore Bullara, N.d.R.), di Luciano o - scusa non ricordo il tuo nome (il relatore si rivolge alla prof.ssa Anna Angelucci, - N.d.R.) - … di Anna, non li vedete, non li trovate. Tutt'al più il commesso ti dice: «Lo ordini e passi fra due o tre giorni». Però “Settantaquattro metri sotto il cielo”, o “sopra il cielo”, o “sotto terra”, queste idiozie, le trovate all’entrata della libreria, insieme alle barzellette di Totti. Ci dovete sbattere per forza, perché le dovete comprare. I libri di Bruno Vespa sono all’ingresso, ci sarà un motivo. Tra l’altro, Bruno Vespa è un giornalista che, pur essendo sempre in onda con la sua trasmissione, scrive un libro al giorno. Io ho qualche dubbio. Comunque, a quel salotto buono tu ci sei mai stato? (Il relatore si rivolge al professor Salvatore Bullara, N.d.R.). No, non ci hanno mai invitato.
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Prof. Salvatore Bullara:
No, non mi hanno mai invitato. Però ho incontrato Vespa in piazza, durante una contestazione del suo “giornalismo” asservito al potere, e gliene ho dette quattro … (Risate, N.d.R.).
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Prof. Luciano Vasapollo:
Hai fatto il tuo dovere di persona libera, hai fatto giustamente ciò che dovevi fare. Sono pagati per dire idiozie in televisione. Oggi è una gran bella giornata, centocinquanta ragazzi ascoltano le mie parole. Normalmente io giro per il mondo e, quando va bene, trovo in un seminario venti o trenta persone. Un’idiozia a “Porta a porta”, la trasmissione di Bruno Vespa, raggiunge dieci milioni di persone. Per parlare a dieci milioni di persone, per raggiungere l’indice d’ascolto di una serata dell’idiota che va a “Porta a porta, un idiota come me deve svolgere una lezione o partecipare a un seminario al giorno per diciotto, diciannove vite.”
Vedete quanto è dura? L’insegnante critico fa un sacrificio, ha una missione. In una società che non ti permette di parlare, di pensare noi dobbiamo mettervi in guardia, dobbiamo dirvi: «C’è il pensiero neoliberista, c’è il pensiero d’impresa, c’è l’ideologia del centro commerciale, etc., ma c’è anche un altro modo di pensare, un pensiero alternativo a quello dominante. Detto questo, ovviamente, decidi tu della tua vita, fai quel che vuoi». Questa dovrebbe essere la missione della scuola pubblica.
C’era un vecchio film bellissimo con Nino Manfredi, “Pane e cioccolata”. Io lo amo molto, anche perché vengo da una storia di migrazioni, dalla Calabria a Milano, ecc. Nel film a un certo punto si vedono i poveri, gli emigrati, che soffrono il freddo, la fame e dalla finestra di una specie di pollaio guardano fuori, dove c’è un laghetto in cui fanno il bagno, nudi, i figli della borghesia. Nudi, perché non hanno bisogno di coprirsi, non si vergognano. I poveri li guardano e vorrebbero essere al loro posto. Questa scena è emblematica del contrasto sociale tra ricchezza e povertà.
Ecco, ragazzi, oggi a me dispiace vedere la stessa scena in un centro commerciale. Tu vedi decine e decine di bravi ragazzi che, prima di andare a comprare le idiozie che vi vogliono vendere, passano davanti ad un negozio dove un orologio costa ottomila euro, dove un anello costa, non cinque euro, come questi che ho io al dito, ma cinquemila euro. E che cosa avviene, ragazzi? Qual è l’elemento culturale che vi entra dentro il cervello? Non quello che vi fa riconoscere nella merce imposta dalle strategie pubblicitarie un’inutilità, ma quello che vi obbliga a fermarvi davanti alla vetrina, come nel film “Pane e cioccolato”, cioè l’elemento culturale che vi fa guardare la ricchezza e dire: «Magari potessi averla!». E’ l’ideologia che fa scattare un effetto imitativo nel gruppo sociale: un paio di scarpe da ginnastica da venti euro potrebbe andar bene, ma io voglio quelle da duecento euro, perché senza quelle io non sono ammesso nel gruppo, io sono escluso, perché sono un poveraccio.
Non è colpa vostra se non avete lavoro, se vi manca una scuola “buona”, se siete precari nella vita, ma ecco il paradosso: in una società dove la ricchezza è concentrata in poche mani, se domani uscirà l’Ipad 24, che costa tremila euro, ci sarà la fila per diciotto notti, per chi lo comprerà prima, a rate e si farà prestare i soldi.
Ecco, ragazzi! Il valore che inculcano nel cervello non è quello della cultura, ma quello del denaro. Capite perché dicevo che la filosofia è la madre di tutte le scienze? Perché t’insegna a pensare.
Ecco perché vi parlo di questo e non scendo di proposito immediatamente nei dettagli della cosiddetta Alternanza scuola-lavoro.
Salvo (il professor Luciano Vasapollo si rivolge al professor Salvatore Bullara – N.d.R.), se sei d’accordo, io vorrei lasciare per ultima la questione specifica dell’Alternanza scuola-lavoro, cioè il tema dell’istituzionalizzazione della schiavitù a scuola. Infatti, se prima i ragazzi non capiscono in quale sfondo generale s’innesta l’attacco alla scuola pubblica, non potranno comprendere nel dettaglio il senso antisociale dell’Alternanza scuola-lavoro.
Lo sfondo è quello di una grave carenza di democrazia. Gli stessi cambiamenti nella normativa della scuola pubblica derivano da alcuni provvedimenti dell'Unione Europea. Se non si comprende questo, non si capisce neanche il perché l'altro giorno siamo stati chiamati alle urne per un referendum costituzionale. La vittoria a quel referendum della fazione filogovernativa avrebbe rappresentato un ulteriore passo avanti del processo di privatizzazione della società. Io non ho votato, purtroppo, perché ero a Cuba. I sostenitori del Sì, la parte filogovernativa, ritenevano che l’Italia, in caso di vittoria del loro fronte, avrebbe risparmiato cinquanta milioni di euro. Per risparmiare la suddetta cifra, si toglie il senato. Fra qualche anno, probabilmente, ci diranno che per risparmiarne cento, dobbiamo eliminare pure la Camera. Per risparmiare denaro, comandi uno solo e non se ne parla più. Così faremo una bella democrazia!
Non si dice che la soluzione del problema non risiede nella riduzione del numero dei parlamentari, ma nella decurtazione del loro stipendio; questi ultimi, infatti, dovrebbero percepire una retribuzione come quella di Salvatore (il professor Vasapollo si rivolge al professor Salvatore Bullara, N.d.R.), come quella mia, perché è un servizio che offrono alla società. È un lavoro, ragazzi. Perché un parlamentare deve godere di quei benefici? Nessuno dice che, a fronte di cinquanta milioni di euro di risparmi all'anno (secondo l’ipotesi suddetta), l'Italia spende sessantaquattro miliardi di euro (non milioni) al giorno (non all'anno) per spese militari. Non sono dati di Vasapollo, li ha pubblicati “La Repubblica”. Ragazzi, svuotano una Costituzione per cinquanta milioni all'anno e sperperano sessantaquattro miliardi al giorno di spese militari.
Vi ho citato soltanto un esempio. Sarebbe troppo facile, come ha fatto qualcuno, dire a Renzi, che un mese fa ha comprato per centottanta milioni di euro (soldi pubblici) il suo aereo personale: «Tu spendi centottanta milioni di euro?». Renzi ha risposto: «E che facciamo i pezzenti?». Ma come? E la gente senza casa non è pezzente? Sarebbe troppo facile.
Ma torniamo al discorso sul referendum. Il popolo italiano si pronuncia: stravincono i No. E’ un No sociale, ragazzi. Ho visto i dati appena ritornato da Cuba. Il No vince quasi ovunque, ma soprattutto al sud, dove i livelli di sfruttamento, di disoccupazione, di povertà sono più alti. Votano No soprattutto i giovani. Perché? Perché è un No di rifiuto. I giovani dicono: «Io rifiuto questi meccanismi!». Dunque, come vi dicevo, di ritorno da Cuba, paese il cui governo è rappresentato dai “nostri” mass media come una dittatura, pensavo: « La democrazia… Ma qui, in Italia, il governo ha perso il referendum sulla riforma della Costituzione, sulla madre di tutte le leggi, non certo su una fontanella a Cinecittà (con tutto il rispetto per la fontanella a Cinecittà)».
Di fronte a questo rifiuto popolare, che respinge il tentativo di Renzi di modificare la Costituzione, che cosa avrebbe dovuto fare un qualsiasi presidente del consiglio di uno Stato democratico? Come minimo avrebbe dovuto dire: «Signori, arrivederci! Andiamo alle elezioni. Se vinco, torno a governare, altrimenti torno a casa». Ecco, invece in Italia, paese considerato democratico, ci ritroviamo un governo, non eletto democraticamente (il quarto), nemmeno di tecnici, con il famoso gioco delle tre carte. Sapete che cos'è il gioco delle tre carte? Una carticella vince, una carticella perde: Gentiloni sta là, quell'altro ministro passa di là, quell'altro ancora passa di là. Ecco fatto il nuovo governo!
Ragazzi, questa è la nostra democrazia! Ma su questo voi dovrete ragionare, perché se non lo farete, non potrete rendervi conto neppure di come è strutturata la scuola oggi.
Siamo tornati dunque alla scuola. Inquadriamola all'interno della quarta rivoluzione industriale. La scuola è legata allo sviluppo economico produttivo. Il processo produttivo in atto con la sua crisi, sviluppa tecniche, organizzazioni imprenditoriali; utilizza fonti energetiche, materie prime. Ma il processo produttivo può essere orientato o ai bisogni delle masse popolari o ai profitti di pochi capitalisti. Quindi, se, come vi dicevo prima, la società di classe è animata da interessi divergenti, non possiamo non trovare tracce di questo scontro anche in ambito culturale. Un conflitto che tra noi marxisti chiamiamo “conflitto capitale-lavoro”, cioè lo scontro tra gli interessi di chi trae profitto dallo sfruttamento del lavoro umano e gli interessi dei lavoratori. Il termine “lavoratore” è qui da intendersi in senso generale; anche il disoccupato, il migrante, etc. sono lavoratori.
Tutto sembrerebbe indicare una nuova fase di sviluppo con delle contraddizioni crescenti. Infatti, la FAO, un organismo delle Nazioni Unite, ci dice che nel 2016 sono stati prodotti beni alimentari per soddisfare i bisogni nutritivi di quattordici miliardi di persone. Ma gli esseri umani sul pianeta sono sette miliardi e quattro miliardi soffrono la fame. Tra l’altro si pensi che anche nei paesi a capitalismo avanzato, l'Italia per esempio, ormai i poveri non sono solo i cosiddetti “barboni” (brutta parola). Se andate, infatti, davanti la Caritas alla stazione Termini, vedrete in fila gente come noi, ex impiegati, ecc., privi di cibo. La Chiesa garantisce loro un piatto caldo con il clima freddo di questi giorni, ma al suo posto dovrebbe farlo lo Stato. Dunque, abbiamo una soglia di povertà altissima. Basta consultare, per esempio, i rapporti della Caritas sulla povertà, in cui le persone prive di cibo sono sempre di più. Questo significa che, se l'82% della ricchezza mondiale è in mano a sessanta persone (badate bene, non sessanta paesi), forse qualcosa non funziona.
«Il capitalismo ormai è terrorismo!». Non lo dice Luciano Vasapollo, ma è una frase di quindici giorni fa pronunciata da Papa Francesco, un grande Papa, un grande uomo. Lo dico da ateo, con gran rispetto per i credenti e vorrei che questi ultimi rispettassero noi atei. Ragazzi, il capitalismo è terrorismo, perché si arriva al punto di non poter vivere. Se c'è guerra, fame e inquinamento ambientale, come volete chiamare questo sistema?
Quindi, ricapitolando, con la quarta rivoluzione industriale, siamo di fronte ad una nuova forma economica, si sta realizzando una nuova produzione sociale, comincia un nuovo ciclo dello sfruttamento del lavoro, che cambia anche la visione sociale. Lo sconvolgimento in atto non riguarda soltanto la crisi economica, finanziaria, la sociale (sotto gli occhi di tutti). Oggi siamo di fronte ad una crisi di civiltà. Mio padre, dopo tanti anni di lavoro poté comprarsi un motorino a rate; dunque vedeva nel capitalismo un avanzamento della civiltà. Egli diceva: «Quand'ero contadino non potevo comprare un motorino, ma adesso sì; anche se sfruttato sedici ore al giorno, io sono riuscito a comprarlo». Io nacqui nel ’55, ero il primo figlio, avevo sei o sette anni; mio padre mi mise sul motorino dicendo: «Vieni figlio, facciamo un giro». E quando, nel '65, dopo dieci anni di duri sacrifici, poté comprarsi la macchina a rate, fu una festa a casa. Anche quando mio padre contrasse un mutuo, fu una festa. Dunque, il capitalismo, per quanto sfruttatore, era visto come un avanzamento nelle relazioni sociali e di civiltà. Dicevamo: «Sì, ci sacrifichiamo, andiamo a Milano, lasciamo la Calabria, ma avanziamo socialmente». Ragazzi, oggi non c'è una persona che veda questo sistema economico come un avanzamento di civiltà. Voi rappresentate la prima generazione le cui condizioni di vita sono peggiori di quelle dei vostri padri. Mio nonno, dal punto di vista economico, viveva meglio del mio bisnonno; mio padre meglio di mio nonno ed io meglio di mio padre. Mio padre morì a cinquant’anni di cancro, perché lavorava nelle industrie chimiche; fu esposto al rischio di contrarre il cancro come tutti gli operai che lavoravano in quel settore. La maggior parte di quelli che morirono di cancro erano meridionali, si erano spostati al Nord per trovare lavoro. Ragazzi, io ho tre figli; la prima, con due lauree, lavora e percepisce una paga di quattrocento euro al mese. Mia figlia non ha migliorato la sua condizione rispetto alla mia o a quella delle generazioni precedenti. Qui c'è una rottura, ragazzi, che avviene per la prima volta. E allora dobbiamo porci delle domande. In che modo la scuola vi forma rispetto alla drammatica situazione sociale in atto? Sta illuminando le contraddizioni sociali che determinano il vostro futuro di precarietà? Vi sta offrendo strumenti critici per comprendere le cause del peggioramento delle vostre condizioni di vita rispetto alle generazioni precedenti? La scuola vi sta aiutando a lottare contro i responsabili dell’immiserimento economico e morale della vostra vita? Vi sta predisponendo alla trasformazione di questo cupo orizzonte di precarietà che vi aspetta? O sta dipingendo ai vostri occhi questa società come equilibrata, giusta o, comunque, immutabile? Questa scuola vuole combattere lo sfruttamento o ne è complice? Vuole la rassegnazione o la trasformazione dell’esistente? Evidentemente questa società e, dunque, la scuola, devono trovare una maniera di comunicare, di fare formazione e conoscenza tale da farvi sembrare normali le suddette storture; cioè che sia normale mettersi davanti alla vetrina del centro commerciale e pensare: «Che me ne frega degli altri?». «Uno su mille ce la fa», recitava una nota canzone che vinse al Festival di Sanremo tanti anni fa.
Ecco la scuola di oggi! Ovviamente, non mi riferisco a questa conferenza, al professore che l’ha organizzata, a me che vi parlo, agli altri professori che hanno dato un contributo critico. Mi riferisco, invece, all’indirizzo generale che la politica ha dato alla scuola nel suo complesso e in generale all’educazione e alla cultura di massa. Un indirizzo che ha fatto dell’individualismo la sua bandiera. E’ stata oscurata l’idea di una risposta comune, collettiva alla società del profitto, perché, appunto, «Uno su mille ce la fa». Quindi, si è portati a dire: «Io intanto cerco di fregare gli altri novecentonovantanove, dopodiché vediamo… ».
Berlusconi espresse chiaramente questo concetto quando per strada, al centro di Roma rispose a una povera precaria che, fermandolo, gli aveva chiesto: «Ma che state facendo per il lavoro? Io non ho una lira, non ho una prospettiva, non ho un futuro». E lui, con lo stile delle sue “belle” barzellette, disse alla donna: “Sposati mio figlio! Mio figlio è ricco, non ha ancora preso moglie”. Ammesso e non concesso che il figlio scegliesse di sposarsi proprio lei, cosa improbabile, ma lo stesso Berlusconi padre, pur avendone combinate di cotte e di crude, non avrà otto milioni di figli in giro per il mondo da sistemare.
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Prof.ssa Anna Angelucci:
Ma anche se li avesse sistemati, non sarebbe certo quella la soluzione per le donne.
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Prof. Luciano Vasapollo:
Certo! Ma la mia è chiaramente una provocazione; cioè è come se dicessi: «Facciamo finta che vada bene questo discorso, prendiamo per buona la pur stramba e offensiva ipotesi».
Che cosa è successo alla società? Perché oggi si sta peggio di prima?
Una volta si usava la locuzione “Stato del benessere”, “Welfare state” per indicare lo Stato che interviene nell’economia di mercato per redistribuire la ricchezza, per garantire l'assistenza e il benessere dei cittadini; cioè, lo Stato offre una casa popolare a chi non possiede un’abitazione, la scuola pubblica, la sanità pubblica, etc. Una trentina d’anni fa lo Stato si è trasformato da “Welfare state” in “Profit state”, cioè da “Stato del benessere” in “Stato del profitto”, lo Stato che si schiera apertamente con una delle due parti in competizione.
Ma questo Stato parteggia per il profitto soltanto nel campo della produzione di beni materiali? No, ragazzi, il “Profit state” parteggia per il profitto anche, anzi soprattutto, nel campo della produzione immateriale, cioè il sapere, la creatività, i servizi. A che cosa servono al profitto il sapere, i servizi, etc. ? Servono a rendere il mercato più appetibile. Mi spiego meglio con qualche esempio. Come hanno privatizzato Poste Italiane? Portando la lettera a destinazione in venticinque giorni invece che in venticinque ore. Come hanno privatizzato Alitalia? Facendogli fare dei ritardi incredibili. Ora che i servizi sono privati, costano molto di più e sono meno efficienti. Ragazzi, come stanno privatizzando la scuola o l’università? Deprivandola di fondi, di mezzi, rendendola inefficiente, abbassandone la qualità. Noi all’università non abbiamo i gessi, non abbiamo i computer, allora un ragazzo, se la famiglia può, dice: «Mi mandate alla “Luiss”? Perché, è vero che invece di millecinquecento euro di tasse ne pagate ventimila, ma abbiamo un computer ciascuno, abbiamo un servizio». Ma al ragazzo non interessa che nelle università private vanno i nostri “scarti”, cioè i professori che non sono riusciti a insegnare nelle università pubbliche. Chi non vince i concorsi pubblici, infatti, va a insegnare nelle università private, perché é il figlio di Tizio, di Caio, etc. Quindi, il talento umano, non il “capitale umano” – vi prego non usate questa locuzione - è sussunto in questo sistema come un capitale intellettuale umano che è omologato.
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Prof.ssa Anna Angelucci:
Una merce.
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Prof. Luciano Vasapollo:
Esatto! E’ omologato e deve essere la guida dell'attività comunicazionale. Se c'è un terrorismo mass-mediatico, c'é una dittatura della comunicazione. Questa dittatura, ovviamente, deve essere finalizzata alla produzione, all’esaltazione dell'immagine dell'azienda attraverso la cultura d'impresa e in generale l’idea che il profitto, il fare denaro, è cultura. Si sviluppa, dunque, un sistema in cui devono sempre di più diminuire i servizi pubblici, un sistema che deve rendere i cittadini più deboli, togliendo la sanità pubblica, l'istruzione pubblica, etc.
Ragazzi, andate su Internet, utilizzate la rete in maniera intelligente, consultate i dati dell'ISTAT o dell'Eurostat. Vi accorgerete che i tanto auspicati tagli alla spesa pubblica non riguardano le spese militari, non toccano la produzione o le grandi opere inutili. I tagli falcidiano, invece, pensioni, sanità e istruzione. Ragazzi, questi sono i tagli reali. Quindi, dopo la privatizzazione delle imprese pubbliche è avvenuta la privatizzazione dei servizi pubblici. Da dove parte questo “Capitalismo della conoscenza”? La punta massima di sviluppo la raggiunge negli Stati Uniti, dove proprio l'applicazione della rivoluzione tecnico-scientifica esalta il sapere tecnico e marginalizza i saperi umanistici, cioè quelli che aprono le teste, che rendono più critiche e libere le persone.
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Prof.ssa Anna Angelucci:
L’Innovazione tecnologica, il saper fare…
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Prof. Luciano Vasapollo:
Sì. É la società del fare, non quella del sapere. In realtà, se una persona sa, può anche giungere a fare; ma se una persona fa e basta, non necessariamente sa. Riflettete su queste battute che vi lascio oggi. Quindi, la società, già classista, diventa ancora più classista, diventa ancora più sfruttatrice, come quella del capitalismo americano. Perché il 60% degli statunitensi non vota? Vi domandate chi è che non vota negli USA? Non votano i neri, i messicani, i super sfruttati. Negli Stati Uniti se hai l'assicurazione, ti curano, altrimenti arrivi a un pronto soccorso con un infarto e ti dicono: «Non sei assicurato, muori!». Ragazzi, negli Stati Uniti non c'è la sanità pubblica; c'è stato uno sforzo da parte di Obama per allargare il diritto alle cure a fasce di popolazione che ne restavano escluse, ma, ovviamente, l’opposizione delle grandi lobby delle assicurazioni ha impedito una vera riforma della sanità. In questo contesto come s’inserisce l’Unione Europea? I trattati di Maastricht e di Amsterdam cercano di definire il capitalismo europeo proprio sul modello di quello statunitense o di quello anglosassone. Prima del passaggio al “Profit state” in Europa avevamo un capitalismo, per così dire, un po’ più moderato, un po’ più a sfondo sociale. C’era il modello a economia mista italiana, il modello renano-nipponico, in cui lo sfruttamento era alto, ma anche i salari; c’era, appunto, lo stato sociale. Oggi non più, ragazzi. Il vero cuore del referendum, di cui vi ho parlato prima, non era il problema del Parlamento e del Senato, ma quello del rapporto regioni-stato. Infatti, l’esecutivo, mettendo le mani sull’economia delle regioni, avrebbe deciso sulle privatizzazioni: della sanità, dell’istruzione. Se avesse vinto il Sì, avremmo perso la decentralizzazione. Da questo punto di vista, ragazzi, il trionfo del No sociale al referendum è stato una grande vittoria popolare. Se avesse vinto il Sì, con ogni probabilità il prossimo referendum costituzionale avrebbe puntato alla modifica della prima parte della Costituzione, quella dei diritti fondamentali, cioè quella che recita per esempio: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro…, etc.». Per la verità quest’articolo non è stato ancora applicato fino in fondo, però intanto c’è.
Bene! L’Unione Europea che cosa fa? L’Unione Europea controlla i saperi. Ve ne avranno parlato: Lisbona, Barcellona, ecc. Occorreva, infatti, una politica dei saperi che eliminasse ogni protezione sociale; occorreva una “Buona scuola”. Ragazzi, la “Buona scuola” si muove in senso inverso alla protezione occupazionale, alla protezione sociale, sia per voi che per gli insegnanti. La cultura della scuola è ormai la cultura d’impresa. I dati strutturali, (vi dicevo di consultare il sito di Eurostat, etc.) vi fanno vedere che la strategia dell’Unione Europea per la cosiddetta “Crescita Europa 2020”, punta a “Investire sull’istruzione”. Bello quell’articolo! Dice di «Investire sull’istruzione, sulla formazione, sull’apprendimento continuo per aumentare l’occupazione». Ma non dice a quale forma di occupazione si riferisce; perché se aumenta il cosiddetto “volontariato”, cioè il lavoro non pagato o sottopagato e senza diritti, non si tratta di vera occupazione, è schiavitù. Purtroppo la società ci abitua agli ossimori, ragazzi. “Volontariato”, infatti, qui significa “Lavoro sfruttato e senza diritti”. Gli ossimori sono tanti. Io ho sentito per lungo tempo, per esempio, la locuzione “Guerra umanitaria”. Vi rendete conto? La “Guerra umanitaria”. Un assurdo. E la relazione scuola-lavoro? Vi rendete conto? O devo apprendere o devo lavorare. Se devo apprendere, devo apprendere bene. Se devo lavorare, devo farlo a pieni diritti e a pieno salario, ragazzi. Non esiste la “Scuola-lavoro”! Il lavoro è il lavoro, la scuola è la scuola. Sono due momenti diversi della nostra vita!
L’indice Eurostat, che produce un rapporto annuale, ci dice che in ogni paese i dati sull’istruzione non sono confortanti. In Italia, ad esempio, secondo il rapporto Eurostat, non secondo me, le indennità dei docenti, in generale, dalla materna alle scuole superiori, dal 2009 al 2015 hanno perso il 10% del potere d’acquisto. Non si rinnovano i contratti, gli stipendi perdono potere d’acquisto, cioè in cinque anni si compra il 10% di meno. Per esempio, sempre secondo i dati Eurostat, il salario medio di un insegnante della scuola secondaria superiore oggi è di circa trentamila euro lordi. Ma per raggiungere quella cifra, devi avere trentacinque anni di anzianità di servizio. Ragazzi, io non lo so, ma domandatelo ai vostri insegnanti, penso che guadagneranno sui millequattrocento o millecinquecento euro al mese, più o meno questo è lo stipendio.
Ragazzi, un docente universitario, che percepisce soltanto il suo stipendio, cioè che non incassa ulteriori introiti da attività private parallele di notaio, commercialista, medico, etc., guadagna tre mila euro al mese. Questo professore sembra un privilegiato rispetto a chi guadagna cinquecento euro, anche se il suo stipendio è bloccato da dodici anni. Io percepisco questo stipendio e, ci mancherebbe, non mi lamento, guardo sempre il contesto generale. Però, ragazzi, un manager d’azienda che non sa niente, (NON SA NIENTE), prende cinquantamila euro al mese, ragazzi. Io ho sentito di una liquidazione l’altro giorno di un manager bancario di cinque milioni di euro. Ragazzi, io non mi rendo conto; quale bene avrà mai fatto alla società questo signore?
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Prof.ssa Anna Angelucci:
Tutti gli amministratori delegati dell’Alitalia, per esempio, ti ricordi?
Uno dopo l’altro hanno portato alla rovina l’azienda, poi sono stati tutti ricompensati con liquidazioni di milioni di euro.
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Prof. Luciano Vasapollo:
E come no!
Ragazzi, per quanto riguarda voi, i dati Eurostat e Ocse ci dicono che è in corso per gli studenti una rivoluzione meritocratica. Ditemi dopo, nello spazio dedicato al dibattito, se secondo voi è così o no.
Cioè, la locuzione “rivoluzione meritocratica” significherebbe che saranno premiati i ragazzi che meritano di più. La parola “merito” a me non mette paura; io sono meritocratico, ci mancherebbe altro. Però, come sempre, cerchiamo di dare un contenuto definito alle parole, in questo caso al termine “merito”. Che cosa vuol dire? E’ meritevole a scuola chi apprende, chi è capace, chi s’impegna, chi si sacrifica. Questo studente deve essere premiato. E’ giusto! Ma se al termine “merito” diamo un altro significato, se con questa parola intendiamo, per esempio, il possesso di una conoscenza nozionistica di tre formule, allora io non sono meritocratico. Domandate ai miei ragazzi. Io insegno una materia non facile, “Politiche economiche internazionali”. Una materia che si serve della matematica, che usa formule, derivate, integrali. Tuttavia a lezione non insegno neppure una formula. Sapete perché? Perché dico sempre ragazzi: «Dovete prima capire il senso dell’economia; poi, quando vi serviranno le formule, che intanto io stesso, che insegno, ho scordato, ricorrerete ai manualetti per trovarle». Se, per esempio, io non so che cosa sia la produttività, non saprò mai applicare la formula che la calcola. Sarebbe un apprendimento meccanico, tecnica, non sarebbe vero sapere.
Allora, ragazzi, siamo difronte a una svolta epocale che dura ormai da venti/venticinque anni.
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Prof. Salvatore Bullara:
(Il prof. Salvatore Bullara consegna un biglietto al professor Luciano Vasapollo per avvisarlo dell’imminente suono della campana che indicherà l’inizio dell’intervallo, N.d.R.).
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Prof. Luciano Vasapollo:
Okay, finisco in tre minuti e poi vi riposate, avete ragione. Riprenderemo dopo con un discorso più specifico sull’Alternanza scuola-lavoro, con le vostre domande e con il dibattito.
Dunque, per concludere, il criterio meritocratico si oppone ai più elementari criteri di uguaglianza e di giustizia. Ragazzi, “merito” dovrebbe significare “uguaglianza” e “giustizia”; termini da non confondere con “egualitarismo”, l’egualitarismo è sbagliato, l’uguaglianza è importante.
La qualità dell’insegnamento deve corrispondere alla qualità dell’apprendimento. Il premio va dato concretamente a chi merita, a chi accumula sapere, a chi trasmette sapere, non a chi trasmette o apprende nozionismo. Per ogni nuovo settore produttivo che nasce, la società necessita di nuovi saperi, di nuove conoscenze, di spirito critico, di anticorpi. La scuola si deve trasformare in elemento dei saperi, invece è diventata un settore produttivo. In quanto tale non soddisfa bisogni, ma realizza un prodotto, una merce, decisivi per la creazione di valore, di valore imprenditoriale. Quindi, la scuola, secondo il mercato, deve preparare al profitto, deve assoggettarsi alla produzione. Solo in questi termini capiremo il senso reale dell’Alternanza scuola lavoro, un disastro per il pensiero critico.
Prendetevi un caffè (applauso N.d.R.).
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Prof. Salvatore Bullara:
Ringraziamo il professore. Ci vediamo dopo la ricreazione.
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INTERVALLO
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Prof. Luciano Vasapollo:
Ragazzi, vi ringrazio, non è facile per voi mantenere alto il livello d’attenzione. Già il fatto che ci si ritrovi qui, già questa chiacchierata è un fatto positivo. Dunque, vi ringrazio.
Il problema di questa società non siete voi giovani, ma noi adulti. A volte sento all’università, nei consigli di dipartimento o nei consigli di facoltà espressioni come questa: «È una generazione morta, non reagiscono, i giovani della nostra generazione erano diversi». Non esistono le generazioni intelligenti e quelle cretine; esistono i contesti sociali che ti formano. Quelli della mia generazione crebbero in una società più conflittuale. Una società in cui chi volle essere un cretino, divenne tale; chi, invece, nel conflitto volle sapere, crescere, studiare e conoscere anche ipotesi diverse, ne ebbe la possibilità. Siete una generazione normalissima, non fatevi attaccare dagli adulti cretini, neanche da noi insegnanti, anzi siete molto più intelligenti di noi, perché con l’evolversi della società, sono aumentate anche le capacità, i mezzi. Ragazzi, interrogatevi sulla scuola che frequentate, sui film che vi fanno vedere, sulla televisione che guardate, sui libri o i giornali che leggete. Combattete! Opponetevi a questi attacchi! Rispondete, così: «Cretino ci sarai tu!». Sento dire: «I ragazzi non studiano». Ma tu cosa gli fai studiare? Che interesse gli solleciti? Perché se lo studente deve stufarsi e angosciarsi, abbandona la sfida e non studia. Perciò, ragazzi, non fatevi trattare male!
Adesso trattiamo più da vicino il tema dell’Alternanza scuola-lavoro, poi sarà il turno vostro con il dibattito: osservazioni, domande, riflessioni.
L’Alternanza scuola-lavoro viene concepita a livello europeo come una metodologia didattica fortemente innovativa; come quel progetto “Crescita Europa 2020” di cui vi parlavo prima. È disciplinata da alcuni decreti, un decreto già del 2003, uno del 2005. Si rivolge in particolare agli studenti delle scuole secondarie e affianca al sapere, il saper fare, vuole alternare a momenti di formazione in aula, momenti in azienda. Detto così, è come la questione del merito, di cui vi parlavo prima, non sembra negativo, ragazzi. Il problema è nella sostanza che c’è dietro le parole; le parole sono bellissime.
Quando io e molti della mia generazione partecipavamo alle lotte degli anni settanta, dicevamo: «Vogliamo conoscere meglio le contraddizioni economiche della società, vogliamo conoscere di più il mondo del lavoro, le contraddizioni sociali del mondo della produzione». Per cui queste parole in teoria sembrerebbero belle. Ma il problema si presenta quando ci domandiamo: « La società è solo impresa?». Conoscete la differenza tra azienda e impresa? Lasciate perdere le chiacchiere. Le aziende producono beni oppure erogano servizi. Un’azienda diventa impresa quando un’attività è orientata al profitto, cioè quando l’obiettivo fondamentale è il profitto privato.
Il MIUR ha fissato degli indici per monitorare l’Alternanza scuola-lavoro. Vi pongo il primo problema. Quasi tutti gli indicatori, anche economici, di questa società, hanno un carattere quantitativo e non qualitativo, per esempio, l’indicatore maledetto, che ci dice se un paese è più sviluppato di un altro, è il “Prodotto interno lordo”. Il PIL indica quantitativamente tutta la ricchezza creata in un paese, ma non tratta la qualità del prodotto; per cui, per esempio, una guerra produce ricchezze, perché con una guerra produci bombe, aeroplani, industria militare, distruggi palazzi, strade e uomini e poi fai lavorare le persone per ricostruire tutto. Quindi, un evento fortemente drammatico e negativo, la guerra, rientra nel PIL. Invece, il lavoro di assistenza che qualcuno di voi svolge a beneficio di sua nonna o di suo fratello o di un amico che sta poco bene, ecc., non solo non viene retribuito, ma non viene considerato come ricchezza del paese. Addirittura sei mesi fa, per far vedere che aumentava il PIL, hanno inserito nelle statistiche ufficiali l’economia criminale, cioè la prostituzione, la produzione di cocaina, lo spaccio di cocaina. Secondo il PIL, l’economia criminale, infatti, contribuisce alla ricchezza del paese. Dunque, noi economisti dell’università dovremmo dire ai nostri studenti: «Partecipate o riformate una bella banda della Magliana, spacciate la cocaina e sfruttate la prostituzione, perché così sarete cittadini modello che contribuiscono alla crescita dell’economia». Ovviamente faccio delle provocazioni per chiarire come la qualità dello sviluppo non sia considerata. Nel calcolo del PIL si tiene conto di un’azienda che produce anche inquinando, ma il cosiddetto “disvalore aggiunto”, cioè la malattia, l’inquinamento, la morte da cancro, non è considerato. Anche in quest’ultimo caso, infatti, il monitoraggio è quantitativo ed è svolto, guarda caso, dalla direzione statistica e dai sistemi informativi del MIUR. Il monitoraggio non è affidato a strutture cooperativistiche.
Da questi monitoraggi escono dei dati. Adesso vi fornirò alcuni dati ufficiali del MIUR sull’Alternanza scuola-lavoro. Le scuole che partecipano alle attività di Alternanza scuola-lavoro sono l’87,4% delle scuole statali e delle scuole paritarie. Questo sembrerebbe un risultato positivo, siamo quasi al 90%. Addirittura nell’anno scolastico 2015/2016 si registra un aumento del 42% rispetto all’anno precedente. Sembrano dati assolutamente positivi. Dov’è che troviamo un maggiore livello di partecipazione alle attività di Alternanza scuola-lavoro? Ovviamente questo avviene nelle regioni del nord, i settori del territorio nazionale che hanno più possibilità imprenditoriali e che quindi più si avvalgono dell’opportunità di sfruttare gli studenti che lavorano gratis in azienda. Però il MIUR si lamenta delle realtà del Sud-Italia e le sollecita a una maggiore partecipazione alle attività dell’Alternanza scuola-lavoro. Noi del Sud saremmo i soliti cretini. Il Sud è sottosviluppato, è popolato da cretini incapaci di sviluppo. Il MIUR rileva che la Campania, la Sicilia, L’Abruzzo, la Calabria, etc. hanno un basso indice di Alternanza scuola-lavoro. Ma questi analisti non si domandano perché non c’è impresa al Sud? Non si chiedono perché, per esempio, la media della disoccupazione giovanile italiana è del 40%, un livello altissimo, e in Calabria è del 76%? Che Alternanza scuola-lavoro devi fare, se non c’è lavoro? Puoi fare forse l’Alternanza scuola-disoccupazione (Risate, N.d.R.). Comunque il 90,6% degli studenti delle classi terze, secondo gli ultimi dati, ha fatto esperienze di Alternanza scuola-lavoro. Addirittura si parla di 652.000 studenti che hanno vissuto questa esperienza. Dunque, con questo dato a livello europeo l’Italia figura come un paese che progredisce nel settore dell’istruzione.
Poi sono disaggregati i dati per macroregioni: Nord, Centro, Sud. Lì comincia l’attacco agli studenti del Sud, che sarebbero cretini, pigri. Perché a noi del Sud non va di lavorare. Addirittura il signor Matteo Salvini, “statista di grandissimo livello culturale”, dice che al Sud non capiamo niente, che soffriamo di sottosviluppo mentale e che non vogliamo pagare le tasse. Costui, addirittura, chiede la fiscalità decentrata, cioè dice, per esempio: «Signori, con le tasse pagate in Lombardia, occorre finanziare soltanto la scuola e la sanità della Lombardia». Dunque, il Sud è penalizzato due volte: bassi livelli occupazionali, non c’è lavoro, e di conseguenza bassi introiti fiscali, i disoccupati non possono pagare le tasse perché non hanno reddito. Se, come dice lo “statista” Salvini, le regioni più ricche devono pensare a se’, il Sud resta, per esempio, senza ospedali. Viene meno, dunque, la sussidiarietà, cioè il fatto che le regioni più ricche “aiutano” quelle più povere.
La legge obbligava le scuole a fornire i dati relativi alle classi terze, quarte e quinte, qualora le quinte avessero già avviato l’esperienza di Alternanza scuola-lavoro. Questo sarebbe dovuto avvenire, mi pare, nell’estate, fra il 15 luglio e il 15 settembre, al di là di ciò che effettivamente è avvenuto. I dati riguardavano tre importanti momenti della legge: i percorsi di Alternanza scuola-lavoro, cioè la scuola doveva inserire i dati generali relativi a ogni specifico percorso attivato, la gestione delle sedi e gli alunni in Alternanza scuola-lavoro. Ma è stato omesso qualcosa; se si consultano dei dati che non sono del MIUR, si scopre che l’86% dei ragazzi delle superiori ha preso parte alle attività di Alternanza scuola- lavoro, ma il 56% le ha svolte all’interno della scuola. Quindi, il suddetto 86% è falso. Come le ha svolte? Nella scuola si studiava un’impresa X. Dunque, avrebbero dovuto specificare la qualità del dato; non basta dichiarare che l’86% dei ragazzi ha preso parte alle attività di Alternanza scuola- lavoro, bisogna far presente anche che il 56% di essi non ha preso contatto con l’azienda, ma l’ha semplicemente studiata sui banchi di scuola. Dunque, non si è effettivamente realizzata l’auspicata contaminazione scuola-società, ammesso e non concesso che l’azienda sia l’unico elemento della società. In realtà esistono tante altre componenti: i pensionati, i disoccupati, le cooperative, i migranti, la Caritas, etc. La società non è fatta solo dall’impresa, ma anche dalle strutture associative.
Al 5% degli studenti, compresi quelli che hanno partecipato alle attività di Alternanza scuola-lavoro all’interno delle scuole, non è stato affiancato ufficialmente alcun tutor. Questo è un dato ufficiale.
I nostri stessi studenti universitari “beneficiano” di borse di studio per prepararsi al mondo del lavoro; svolgono, mi sembra, dalle centocinquanta alle duecento ore di formazione, prendendo due soldi, cioè duecento euro al mese. E sapete che grande formazione fanno nei nostri dipartimenti? Fanno fotocopie! Dunque, un doppio danno; da una parte si umilia il ragazzo per duecento euro e dall’altra non si creano occasioni di lavoro, invece di assumere e regolarizzare un bidello, si sottopaga uno studente. Addirittura alcuni studenti universitari sono usati come addetti alle pulizie; li ho visti io, ragazzi. Quindi, non mi stupisce che i vostri docenti mi raccontino che il 25 aprile di quest’anno alcuni di voi abbiano eseguito lavori di pulizia dei pavimenti presso non so quale luogo di Roma, dietro invito della vostra stessa scuola.
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Prof. Salvatore Bullara
Sì, alcuni studenti della nostra scuola, in un giorno festivo e di grande significato simbolico per la memoria storica della lotta per la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, appunto il 25 aprile, sono stati usati dall’azienda privata “Castrum Legionis” di Roma, per l’esecuzione di lavori manuali, privi di qualsiasi valore didattico. Gli studenti e le studentesse hanno indossato una divisa militare, predisposta dall’azienda, ed hanno compiuto i seguenti lavori non pagati: preparazione di panini per turisti, pulizia dei pavimenti della sala ristorante e dei bagni, abbattimento di un albero. Questi lavori sono stati compiuti in assenza di misure di sicurezza.
Dunque, nel giorno della liberazione la scuola non invita i ragazzi a onorare la memoria della Resistenza, magari assistendo in piazza ai discorsi degli ultimi partigiani ancora in vita, ma promuove la loro schiavitù.
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Prof. Luciano Vasapollo:
Ecco, una situazione paradossale.
Aggiungo altri dati.
Una parte sostanziale delle attività di Alternanza scuola-lavoro viene realizzata presso le parrocchie. Io ho sempre enorme rispetto per i credenti, ma non so dire se questo dato è positivo o negativo. Potrebbe essere anche positivo, qualora i ragazzi fossero addetti almeno ad attività di volontariato; spero che almeno aiutino i più poveri o i più umili e che queste energie umane non siano sfruttate per trarne profitti.
Inoltre, le statistiche parlano di “aziende virtuali”. Aggiungiamo, dunque, all’elenco di locuzioni contraddittorie, come “guerra umanitaria”, “scuola-lavoro”, anche “azienda virtuale”, cioè un’azienda che c’è, ma non c’è. Le scuole vengono costrette ad accettare i lavori cosiddetti “di ripiego”, per far fare esperienze lavorative ai propri studenti in aziende che non sono tali Perché non sono aziende? Sono delle entità che non sono registrate presso il tribunale, non sono dichiarate alla Camera di commercio, per cui non sono aziende, tuttavia assorbono lo stesso il lavoro gratuito e ne ricavano profitti. Ragazzi, questa è l’istituzionalizzazione del lavoro nero e della non fiscalizzazione d’impresa, cioè l’evasione fiscale. Non è un’impresa, non paga le tasse, ma è ugualmente legittimata a sfruttare forza lavoro.
Il ministero dell’istruzione ha presentato un progetto che si chiama “Campioni per l’alternanza”. Vedete che bei nomi? “Campioni dell’alternanza”: un protocollo d’intesa con sedici aziende per l’Alternanza scuola-lavoro. Io mi sono preoccupato e sono andato a verificare di quali aziende si trattasse. Perché un conto è favorire, per esempio, la piccola cooperativa agricola (le conoscenze del mondo e della società) e un conto è, invece, favorire le multinazionali. Elenco qualche azienda considerata dal progetto di cui sopra. Avete mai sentito parlare della General Electric e dell’IBM, dell’Intesa San Paolo, della McDonald's, dell’ENI e di ZARA?
Nella prima parte di questa conferenza avete proiettato quelle immagini di lotta molto belle degli studenti contro la McDonald's. Ragazzi, sono multinazionali, dove il livello di sfruttamento è al massimo, perché si estende oltre l’occidente, presso quei paesi in cui si lavora a salario più basso, con meno diritti, senza sindacalizzazione. C’è lo sfruttamento della cosiddetta “catena del valore”.
Nella McDonald’s, ragazzi, la prima cosa che v’insegnano, come nell’economia criminale di cui vi dicevo prima, è come abbattere la foresta Amazzonica; come creare l’energia al mais attraverso l’abbattimento della foresta Amazzonica. L’”energia al mais”, detto così sembra bello. Parlano di “biotecnologie”, per favore non usate questo nome; “bios” vuol dire vita. Parlano di “biocarburanti”, che cosa sono? Sono “agrocombustibili”. Che cosa significa? Dicono che per abbassare l’inquinamento occorre, per esempio, produrre combustibili al mais. Ma vi rendete conto di quali conseguenze ambientali e sociali comporti la produzione di combustibili al mais? Sapete che occorre una tonnellata di mais per produrre l’energia di dieci litri di benzina? Sapete che questo comporta l’abbattimento del polmone del mondo, la foresta Amazzonica? Inoltre, non è vero che il circuito completo della produzione di questi combustibili non sia inquinante. Sapete quant’acqua ci vuole? Sapete che una buona parte della popolazione mondiale vive di mais e di riso e che se aumenta la domanda di riso o di mais per il settore energetico, per la legge del mercato aumenterà anche il prezzo di un piatto riso o del pane in il Messico, ecc.? Perché la McDonald’s non ci dice cosa c’è in quel panino o in quella bistecca? Io vi faccio un appello, ragazzi, per la vostra salute: andate in una pizzeria qui vicino e mangiate un pezzo di pizza, sperando che sia fatta almeno con farina buona (magari sarà transgenica), ma lasciate perdere la McDonald’s, facciamola fallire! Non andate più in questi locali McDonald’s, perché danneggiate veramente il vostro fegato! (Brusio in aula, N.D.R.).
Ragazzi, vi dico queste cose perché la nostra salute dipende soprattutto da una corretta alimentazione o da quello che respiriamo. Interroghiamoci, per esempio, sulle cause del cancro allo stomaco. La mia famiglia è stata ammazzata, probabilmente, da queste cose: mia madre, i miei zii, ecc. sono morti. Anche se nel caso di questi miei familiari le cause della malattia fossero state genetiche, conviene stare sempre attenti a ciò che mangiamo.
La stessa ministra dell’istruzione Giannini, oggi sostituita dalla ministra Fedeli in un nuovo, ma uguale, governo, dice che il progetto di alternanza è: «Un misto di retorica del made in Italy e di un concetto astratto d’innovazione didattica». Se lo dice lei…
La ministra dice che i “Campioni per l’alternanza”, le suddette sedici aziende multinazionali con cui il governo ha stabilito un patto, sono stati selezionati principalmente in base a tre criteri: esperienze di alternanza di qualità, forte impegno verso l’alternanza e gli studenti, rispetto dei princìpi previsti dalla legge “Buona scuola”. Riflettiamo sul primo di questi criteri, “esperienze di alternanza di qualità”. I ragazzi sarebbero coinvolti in percorsi di alternanza variegati che coinvolgono quattordici settori di attività (rappresentati dalle suddette sedici aziende). Ciascuno studente potrà sviluppare competenze trasversali. Che cosa significa l’espressione “competenze trasversali”? La ministra fa alcuni esempi: lavoro in gruppo, risoluzione di problemi complessi, comunicazione. Della comunicazione abbiamo parlato nella prima parte di questa conferenza. Per quanto riguarda la risoluzione di problemi complessi forse si riferisce al dilemma: “bisogna passare lo straccio in maniera orizzontale oppure in maniera verticale?”. In effetti il problema è molto complesso…
E il lavoro in gruppo? Forse si tratta del pulire insieme: uno studente butta lo straccio per terra e l’altro tiene lo spazzolone.
Da ciò si evince il presunto “forte impegno verso l’alternanza e gli studenti” (secondo criterio)…
Il terzo criterio, invece, prevede il rispetto dei princìpi previsti dalla legge “Buona scuola”. Questa sarebbe la grande novità: tutte queste organizzazioni, le sedici imprese multinazionali, si sono impegnate a definire percorsi di alternanza rispettando i principi previsti dalla legge “Buona scuola”. Cioè, finalmente hanno scelto di rispettare i principi previsti dalla “Buona scuola”, perché prima non lo facevano. La “Buona scuola”, che promuove il trionfo definitivo della logica privatistica nel mondo dell’istruzione pubblica, è il momento ispiratore di riferimento dell’alternanza scuola-lavoro.
Abbiamo parlato un po’, abbiamo preso in giro, drammaticamente, McDonald’s; vogliamo parlare di Zara? Il cuore della produzione di quest’azienda è il settore informativo, la comunicazione, il marketing. E’ stata posta al settore marketing di Zara una domanda: «Quali sono i criteri dei vostri progetti per l’alternanza scuola lavoro?» La risposta ufficiale del settore marketing di Zara è stata la seguente: «Il programma si articola in attività di formazione e acquisizione di competenze nelle aree della gestione commerciale e della logistica». Ragazzi, sapete chi lavora nel settore della logistica, cioè della consegna a domicilio? Sapete che cosa avviene nella logistica? Pensate un po’! Non si tratta soltanto della schiavitù degli studenti, di cui stiamo parlando, ma anche di un’altra forma di schiavitù. Sapete quale? Quella dei migranti, che guidano i camion a cottimo; più viaggiano, sedici, diciotto, venti ore, e più guadagnano, altrimenti con sole otto ore di lavoro non percepiscono quasi niente. E quando gli operai della logistica scioperano, avvengono strani fatti. Un mese fa, per esempio, mentre gli operai della GLS di Piacenza bloccavano i lavori per protestare contro la precarietà, un lavoratore egiziano, Abd El Salam, è stato investito e ammazzato da un camion dell’azienda. Questo per dirvi che cos’è la logistica. In più, i padroni della logistica, oltre a risparmiare nel modo suddetto sulla pelle dei lavoratori, guadagnano non passando per la catena della commercializzazione. Sapete perché pagate di meno i prodotti della logistica? Perché, ragazzi, la merce passa dall’ingrosso direttamente al dettagliante, non passa per il commercio e, chiaramente, costa meno. Si risparmia, è vero, perché si riducono i costi del traporto. Ma a quale costo si abbassano i prezzi? Mettere su un camion migliaia di pezzi di queste bottiglie (il relatore indica la bottiglia d’acqua posta sul tavolo, N.d.R.), farlo guidare a una persona per sedici ore, senza un secondo autista che gli dia il cambio quando sopraggiunge la stanchezza, può essere molto pericoloso. Se il lavoratore, dopo sedici ore di lavoro, affaticato, va ad ammazzarsi col camion in un incidente stradale, all’azienda non importa. Lavorare per mille euro, fa certamente risparmiare l’azienda, ma qualcuno paga sempre. Ragazzi, secondo voi va bene così?
Sull’etica di Zara io chiuderei la discussione.
Termino con un’osservazione. I nostri governanti dicono di voler trasformare la cultura del lavoro, parlano di quest’Alternanza scuola-lavoro e portano come esempio la McDonald’s. Sì, la MCDONALD’S!
Vogliono imporci un modello di ricerca. Dicono che bisogna abbattere le grandi ideologie del ‘900, l’ideologia cattolica e l’ideologia comunista. «Il ‘900 è da superare!», diceva il governo Renzi, e lo dirà anche il governo Gentiloni, perché, ragazzi, portava in sé una grande cultura, quella del lavoro. Il lavoro nobilita l’uomo, se è a pieni diritti e a pieno salario. Qui, invece, qual è il problema? Con le attività di Alternanza scuola-lavoro, i governi stanno sottraendo tempo al percorso scolastico tradizionale, allo studio dei greci, della filosofia, etc.; non sapete, per esempio, che cos’è una busta paga. Voi giungerete a conoscere la McDonald’s, ma non saprete quali siano i diritti dei lavoratori di questa multinazionale, non terrete d’occhio lo smantellamento dei diritti in corso. Conoscerete forse la McDonald’s, perché lavorerete gratis per essa, ma non saprete come la nostra Costituzione disciplini il sindacato in rappresentanza del lavoro. Quindi, assistiamo al passaggio dalla cultura del ‘900, dalla cultura del lavoro, a quella assolutamente centrata sul profitto. Questo cambiamento pretende che cresciate nella necessità di adattarvi non al mondo del lavoro, ma a quello del profitto.
C’è una soluzione a questo? Certo che c’è! Ma dipende da voi, cioè dal fatto che riusciate a mettere in discussione questo tipo di società dei saperi.
Io ho finito il mio discorso, grazie per l’attenzione. Adesso ponetemi pure delle domande (applauso, N. d. R.).
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Prof. Salvatore Bullara
Ringrazio il professor Luciano Vasapollo.
I ragazzi che vogliono intervenire si avvicinino al microfono.
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Lo studente Fabrizio Vasselli:
Allora, io volevo dire, invece, che è solo grazie alla logistica che noi possediamo l’Iphone, il Samsung, mezzi di comunicazione, che ci permettono di tenerci in contatto. Se gli aerei non avessero portato i Samsung dalla Corea o gli Iphone dall’America in Italia, noi comunicheremmo ancora con il “Nokia 3310”, che ci permette solo di chiamare. Senza la logistica non avremmo potuto tenerci in contatto o informati su tutto quello che avviene nel mondo (Brusio, obiezioni, N.d.R.).
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Prof. Luciano Vasapollo:
Fatelo parlare, sentiamo che dice e poi chi non è d’accordo prenderà la parola. Concludi il tuo pensiero.
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Lo studente Fabrizio Vasselli:
Io volevo dire che sono personalmente a favore della logistica, perché senza quella non avremmo avuto tante cose che adesso abbiamo e che ci permettono di tenerci in contatto (brusio, N.d.R.).
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Prof. Luciano Vasapollo:
Ragazzi, faccio una breve osservazione che va aldilà del tema della logistica. Il problema non è lo scontro tra scienza e non scienza, tra chi appoggia lo sviluppo tecnologico e chi lo avversa.
Dal punto di vista generale hai ragione. Tuttavia il problema non è lo sviluppo tecnologico, è l’uso di esso. Certo che dev’esserci la logistica! Il problema non è la logistica in sé, ma il tipo di logistica. Il problema non sono i trasporti o in generale la tecnologia. Io non sono contro Internet, io dico «Qual è l’uso che facciamo di Internet?». Cerchiamo di utilizzare al meglio Internet. Quindi, hai ragione, la scienza si deve sviluppare ai massimi livelli. Ma il problema è l’uso della scienza, se esso cioè è finalizzato semplicemente al profitto o al benessere sociale. Dal punto di vista dello sviluppo della società attraverso le tecnologie hai senz’altro ragione (applauso, N.d.R.).
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Lo studente Giacomo Nicoletti:
Io volevo fare una domanda. Ultimamente nei telegiornali è stata diffusa la notizia di quel ragazzo che prima è stato sospeso per il commercio di merendine nella sua scuola superiore e poi, invece, è stato riammesso a scuola e gli è stata anche data una sovvenzione dall’Einaudi. Che cosa pensa lei di questo fatto?
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Prof. ssa Anna Angelucci:
Aggiungo qualche particolare. Questo ragazzo faceva commercio di merendine al nero nella sua scuola. E’ stato colto in flagrante e sanzionato, successivamente ripescato a fare lo stesso lavoro con ancora più merendine sempre al nero, ed è stato sospeso per due settimane. Dopo un po’ di tempo la fondazione "Luigi Einaudi" l'ha premiato con una borsa di studio di cinquecento euro per lo stesso motivo per cui la scuola lo aveva invece sanzionato. Sono premiate le capacità imprenditoriali, l’autoimprenditorialità del ragazzo. Questa, secondo me, è la prova del discorso che ci faceva prima il professor Luciano Vasapollo. Quali valori trasmette la scuola? E quali “valori”, invece, trasmettono il mercato e le istituzioni che seguono l’idea neoliberista, per cui sei bravo se fai profitto? (Applauso, N.d.R.).
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Prof. Luciano Vasapollo:
Bisogna sempre distinguere tra la questione generale e quella specifica. I saperi sociali dovrebbero far sì che la gente non debba industriarsi in nero o illegalmente per guadagnare qualche lira. Si potrebbero creare occasioni di lavoro, per esempio, riguardo alla vendita delle merendine, si potrebbe costituire una cooperativa di studenti, un collettivo che dice: «Invece di pagare un panino quattro euro, lo facciamo noi e lo vendiamo a cinquanta centesimi». Ma nella vita si può sempre percorrere una via di mezzo. Da un lato è chiaro che il ragazzo va sanzionato. E’ chiaro anche che l’Einaudi è stata un’occasione di propaganda. Però, ragazzi, prima di sospendere uno studente per quindici giorni, in quanto spacciatore di panini al salame, ci pensino un po’. Cioè oggi ai massimi livelli istituzionali troviamo storie di corruzione inenarrabili. Proprio stamattina hanno arrestato per corruzione un’altra parte dell’amministrazione comunale. Ragazzi, che esempio vi danno? Lo studente che spacciava panini potrebbe dire: «Avrò anche commesso qualche irregolarità, ma di fronte allo spaccio di droga, alla corruzione…». Insomma, rubare una mela e appropriarsi dei beni pubblici sono entrambi un furto, ma c’è una differenza (applauso, N.d.R.).
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La studentessa Sara Colagrossi:
Abbiamo affrontato il tema della cultura in rapporto al lavoro. A questo proposito io chiedevo un chiarimento riguardante l’Alternanza scuola-lavoro. Lei non pensa che comunque questa esperienza possa darci una nuova cultura riguardante il lavoro? Infatti, è pur sempre un’esperienza lavorativa; a sedici anni io mi sono calata nel contesto lavorativo, capisco come si fa, com’è, appunto, quell’ambito.
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Prof. Luciano Vasapollo:
Capisco questa tua osservazione e rispondo alla tua domanda in maniera dialettica, come alle altre. In generale tu hai ragione. Una scuola aperta alla società fa avanzare il lavoro. Però, ragazzi, il lavoro è disciplinato da alcune leggi; la scuola non deve abituarti al lavoro sfruttato, senza pagamento e senza diritti. Siccome il lavoro è disciplinato dalla Costituzione e dal diritto, allora, le esperienze di lavoro, proposte dalla scuola, devono essere disciplinate dalle leggi che tutelano i lavoratori, perché altrimenti ti abitui allo sfruttamento e allo scambio ingiusto tra formazione e gratuità del lavoro. No! La formazione gratuita è quella della scuola pubblica, il lavoro va pagato (applauso, N.d.R.).
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La studentessa Sara Colagrossi:
Quindi lei ritiene che, se svolgiamo le attività di Alternanza scuola-lavoro, noi siamo sfruttati, schiavi?
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Prof. Luciano Vasapollo:
Se non sei pagata, sì.
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La studentessa Sara Colagrossi:
Ma, al di là del pagamento, io mi arricchisco di una cultura del lavoro.
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Prof. Luciano Vasapollo:
Hai ragione. C’è un modo per risolvere i problemi della crisi internazionale. Io ti provoco ovviamente, cerca di capire che lo faccio in senso benevolo. Prendiamo tutti gli immigrati, tutti gli studenti, tutti i ragazzi senza lavoro e inseriamoli nel circuito lavorativo; forse apprenderanno molte cose, ma di sicuro moriranno a sessant’anni con diciotto ore di lavoro al giorno; avranno, sì, una grande cultura, ma resteranno senza casa, senza reddito e senza lavoro. Non funziona così!
La formazione, la scuola è una cosa, il lavoro un’altra. Il lavoro deve avere diritti e doveri; il primo diritto è il salario. Ragazzi, qual era la più importante caratteristica della società della schiavitù? Quella di obbligare a lavorare uomini e donne senza diritti e senza salario. Altro che formazione (applauso, N.d.R.).
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La studentessa Sara Colagrossi:
Io volevo dire che ho sedici anni, frequento il terzo anno di questo liceo e con l’Alternanza scuola-lavoro riesco a capire certe dinamiche del mondo del lavoro, capisco come stare sotto padrone, cioè riesco a capire, appunto, come funziona quell'universo. Io non lo considero sfruttamento, anche perché in futuro, avendo acquisito queste conoscenze già in adolescenza, potrò vivere nuove esperienze, per esempio aprendo un’azienda a mio nome.
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Prof. Luciano Vasapollo:
Ecco, vedete, ragazzi? Vedete la cattiva informazione, la comunicazione orientata a cosa vi porta? Ma hai ragione; tu dici spontaneamente queste cose, per te è normale pensarla così.
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La studentessa Sara Colagrossi:
No, è proprio normale il concetto!
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Prof. Luciano Vasapollo:
No! Questo non te lo permetto. Questa è una tua idea e devi rispettare la mia. Questo non è normale per tutti, per te lo è, ma non per me. Io ancora prendo denunce e vado in galera per difendere i tuoi diritti, perché io lo stipendio lo percepisco, quindi non mi puoi dire che è normale, non è normale, è normale per te. Ragazzi, la normalità dovrebbe essere lavorare ed essere pagati e non, invece, lavorare gratis in cambio di formazione. Se pagano il tuo lavoro, allora hai ragione, altrimenti no. Se tu andassi a lavorare per formarti, anche col supporto della scuola, e alle tue ore di lavoro svolto fossero applicate le norme del diritto del lavoro, cioè se fosse chiaro a tutte le parti in causa che durante quelle ore tu hai dei diritti, oltre che dei doveri, previsti da un contratto di lavoro regolare, allora l’Alternanza scuola-lavoro andrebbe bene. Altrimenti regaleresti le tue capacità di lavoro, il tuo cervello a una multinazionale.
Mia figlia ha trentadue anni, ha due lauree con centodieci e lode e percepisce quattrocento euro di stipendio. Dequalificano sempre di più il vostro sapere e alla fine, per avere un posto di lavoro precario, vi chiederanno settantasette lauree (applauso, N.d.R.).
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La studentessa Elena Todini.
Mi è venuta in mente una cosa. Secondo me non dovrebbe chiamarsi Alternanza scuola-lavoro; nel senso che, se deve essere un’esperienza formativa, è improprio chiamarla così. Bisognerebbe chiamarla, magari, “Alternanza scuola-stage” o con un nome simile, perché altrimenti, cioè se si trattasse realmente di Alternanza scuola-lavoro, come dice il professore, dovremmo essere retribuiti. In realtà a me queste non sembrano esperienze formative che ci aiutano a capire veramente com’è fatto il mondo del lavoro; comunque, se si vuol considerarle tali, allora non bisognerebbe chiamarle così.
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Prof. Salvatore Bullara:
Allora, ancora domande e poi chiudo i lavori della conferenza.
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La studentessa Valentina Novelli:
Io non ho capito la sua posizione sulle biotecnologie, me la potrebbe rispiegare?
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Prof. Luciano Vasapollo:
Ho risposto prima al tuo amico sull’uso della tecnologia. Io non sono contrario ad alcun tipo di tecnologia che possa migliorare la società. A patto che sia ovviamente controllata dal potere politico, ovviamente un potere politico della gente, non quello delle multinazionali. Lo sviluppo umano è spinto avanti anche dalla tecnologia e dalla scienza, ma il problema è orientare queste ultime verso lo sviluppo sociale. Allora, non reputo giusto, per esempio, che si commercializzi un vaccino al costo di seicento euro, se alla produzione costa sei euro. Il vaccino andrebbe sì prodotto, per esempio, per curare il cancro, cioè per uno scopo sociale, ma non andrebbe venduto a quel prezzo. Dunque, il problema non è la tecnologia in sé, per carità; bensì il suo uso; si deve poter fare sperimentazione biologica, ma non sono d'accordo sull'uso attuale della biotecnologia (applauso, N.d.R.).
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Prof. Salvatore Bullara
Allora ragazzi, per concludere, mi pare di poter sintetizzare la riflessione di oggi almeno in due punti. Intanto l'Alternanza scuola-lavoro sta incontrando problemi pratici di applicazione che ci consentono di individuare tante contraddizioni. Poi c'è un problema di principio. Abbiamo detto che il sapere dev’essere guidato, un po'come voleva Platone un tempo, dalla saggezza e non dal profitto, ma, a mio avviso, da una saggezza collettiva (qui Platone non sarebbe d’accordo) di chi lavora, di chi vive il territorio, dei disoccupati, delle casalinghe. Questo con l'Alternanza scuola-lavoro non avviene, perché il principio del privato, invece, s’insinua nella gestione del pubblico. Ecco, secondo me, uno dei principali problemi da discutere anche nelle vostre assemblee.
Molti studenti di diverse scuole d’Italia stanno mettendo sotto accusa l'Alternanza scuola-lavoro. Innanzitutto il lavoro compiuto dagli studenti non è pagato; e questo è già un primo livello di critica importante, ma dovremmo in qualche modo giungere a criticare questo meccanismo, come diceva anche il professor Luciano Vasapollo, a un livello più alto, cioè giungere a criticare il principio stesso dell'ingerenza del privato nella gestione del pubblico. Questa conferenza ha dato un contributo informativo alla lotta contro le mani del privato sull'istruzione pubblica, sul sapere pubblico. Emergono due rivendicazioni dalle lotte studentesche. Gli studenti urlano nelle piazze: «Se questo è un lavoro, vogliamo essere retribuiti! Dovete pagarci e rispettare i nostri diritti!». Ma gli studenti critici dicono anche: «La vera cultura non può essere finalizzata al profitto. Gli studiosi a ogni livello non possono arrendersi alle pressioni del mercato, se vogliono ricercare in libertà di pensiero».
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La studentessa Silvia Sai:
Cito una mia amica, la cui opinione in merito reputo importante. A sedici anni non siamo obbligati dalla legge a frequentare la scuola. Potremmo, qualora lo volessimo, abbandonare il liceo e andare a lavorare. Dunque, se restiamo a scuola è per studiare (applauso, N.d.R.).
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Lo studente Fabrizio Vasselli:
La scuola è finalizzata a darti un'istruzione. Giusto? Con questa istruzione, tu che fai? Se vuoi, vai all'università e dopo vai a lavorare. Quindi, tutto il percorso è finalizzato al lavoro. Secondo il mio punto di vista, l'Alternanza scuola-lavoro è giusta solo se realizzata con criteri di normale buon senso, con criteri logici. Non possiamo pretendere che gli studenti siano pagati, perché esistono, da non so quanto tempo, gli istituti tecnici, in cui molti studenti vanno a fare gli stage.
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Prof. Salvatore Bullara
Non condivido la tua posizione, penso che la vita e la cultura non debbano essere assoggettate alla produzione di merci. Ma il tempo a nostra disposizione è terminato. Chiudo i lavori della conferenza. Abbiamo espresso le opinioni più varie, ci saranno altre occasioni di riflessione e di lotta, ma questo dipende anche da voi. Grazie al professor Luciano Vasapollo, grazie a tutti voi. Arrivederci alla prossima conferenza del progetto didattico “Guerra e lavoro” (applauso, N.d.R.).
Rappresentazione teatrale del “Simposio” di Platone
delle classi III A e III F del liceo scientifico “L. Pasteur” di Roma
“L’AMORE, LA BELLEZZA E …
L’ALTERNANZA SCUOLA–LAVORO”
Estetiche a confronto
Un ospite inatteso in casa di Agatone, l'Alternanza scuola-lavoro: «Io sono l’ineludibile necessità, l’ordine delle cose, il vostro destino. Voi perdigiorno cianciate invano di bellezza, ma siete insensibili all’estetica del profitto: meravigliose curve di rendimento, armonici organismi produttivi, sublimi spremute di plusvalore. Un orologio perfetto detta il ritmo al mondo. Basta con le vostre chiacchiere su Eros! Con la cultura non si mangia! Lavorate schiavi!».
I convitati risposero in coro: «Scaccia, scaccia Satanassa! Scaccia il diavolo che ti passa! Scaccia, scaccia Satanassa! Scaccia il diavolo che ti passa!». E lo cacciarono via.
«Si ama ciò di cui si è privi e ciò che non si possiede...». Platone, Simposio
È difficile parlar d'amore e di bellezza mentre sulla città e sulla scuola piovono bombe. Nella nostra trincea teniamo dritta la barra della missione più umana: resistere ancora per non diventare bruti. Con Platone misuriamo la distanza infinita tra profitto e conoscenza, tra possesso ed Eros, tra virtù e interesse privato. Pur nelle brutture abbiamo scelto di seguire la bellezza, per cercare ancora, non per possedere; scongiurando il giorno nero della completa estinzione degli uomini e del pensiero. Cultura è Resistenza.
Un grazie di cuore alle ragazze e ai ragazzi che resistono del Liceo scientifico “Louis Pasteur” di Roma.
Prof. Salvatore Bullara
Progetto didattico “Guerra e lavoro”
Liceo scientifico statale “Louis Pasteur” di Roma
Conferenza
“Alternanza scuola-lavoro: la formazione dei nuovi schiavi”
Le mani del privato sulla scuola pubblica.
Dalla libertà d’insegnamento e dal diritto allo studio alla logica del profitto.
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Referente del progetto didattico “Guerra e lavoro”
Salvatore Bullara
(Prof. di Filosofia e Storia – Liceo scientifico “L. Pasteur” di Roma)
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Introduzione
Prof. Salvatore Bullara
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Relatore
Luciano Vasapollo,
(Prof. di “Metodi e analisi economica dei problemi dello sviluppo” - Università degli Studi di Roma "La Sapienza").
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Interventi degli studenti
Fabrizio Vasselli (IV G)
Giacomo Nicoletti (IV G)
Sara Colagrossi (III H)
Elena Todini (IV C)
Valentina Novelli (III H)
Silvia Sai (IV F)
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Video proiettati
Proiezione di alcuni filmati sulle lotte studentesche contro l’Alternanza scuola-lavoro e la legge 107/2015.
Filmato n°1: “ ‘Buona scuola’: parlano gli studenti”.
Fanpage
Servizio di Beppe Pace.
Pubblicato il 02 aprile 2015 su youmedia.fanpage.it
Filmato n°2: “Studenti in piazza contro l'alternanza scuola-lavoro di Renzi”.
Tcs 116 Giornalenisseno. Caltanissetta
Pubblicato il 07 ottobre 2016.
Filmato n°3: “Milano, studenti contro il ministro Giannini: l'azione di protesta contro gli stage non retribuiti”.
“L’Arena”, giornale on line.
Servizio di Elena Peracchi
Pubblicato il 22 02 2016.
Filmato n°4: “Diritto allo studio: studenti in piazza per la “Buona Scuola”.
Andria News 24 City
andria.news24.city/2016/11/17/diritto-allo-studio-studenti-in-piazza-contro-la-buona-scuola/
Pubblicato il 17 novembre 2016
Filmato n° 5: “Bologna, studenti protestano davanti al McDonald's. Nel mirino l'Alternanza scuola-lavoro” di Andrea Zanini.
www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/video/studenti-protesta-mcdonalds-1.2685835
Resto del Carlino on line.
Pubblicato il 17 novembre 2016
Filmato n°6: “Milano, blitz studenti a McDonald’s in Duomo: ‘Accordo scuola-lavoro indigeribile’”.
Il FattoQuotidiano.it.
Pubblicato l’11 novembre 2016.
Filmato n°7: “Milano, blitz al Mc Donald's: studenti occupano il fast food”.
Italia News
Pubblicato l’11 novembre 2016.
Filmato n°8: “Scuola, la protesta degli studenti: 'La buona scuola di Renzi è un fallimento'”.
Euronews.
Pubblicato il 07 ott 2016
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Assistenza tecnico-informatica
Filomena De Leo
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Collaboratori scolastici
Mario Rammairone
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Coordinatori dei lavori per la trascrizione dei testi della conferenza
Gli Studenti Valeria La Speme (III A) e Gianpaolo Busillo (III F)
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Trascrizione del testo della conferenza
Le studentesse e gli studenti della classe III A
del Liceo scientifico statale “Louis Pasteur” di Roma:
Alessandro Agace
Giulia Bardelli
Matteo Bertino
Mattia Carpentieri
Emiliano Cosi
Naomi Emanuela Dabacan
Simone Damiani
Michelle Hangsini Dewek Gamaralalage
Matteo Di Mango
Flavia Ferretti
Frasca Flavio
Lorenzo Goglia
Valeria La Speme
Lorenzo Loffreda
Giacomo Macchi
Paolo Martone
Martina Mele
Rachele Moneta
Luca Montesi
Maria Gabriella Nicoara
Alexander Lhesdy Quinaluiza Taco
Ludovica Rossi
Andrea Sciortino
Alessandro Serafini
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Revisione e correzione dei testi
Le studentesse Ludovica Rossi e Naomi Emanuela Dabacan (III A)
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Composizione grafica e impaginazione
Le studentesse Ludovica Rossi e Naomi Emanuela Dabacan (III A)
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Riprese video e fotografia
Lo studente Gianpaolo Busillo (III F), il tecnico informatico Filomena De Leo
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Montaggio delle riprese video della conferenza
Lo studente Paolo Martone (III A)
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Bibliografia
Fernanda Mazzoli, Scuola liquida. La liquidazione della scuola pubblica, Sensibili alle foglie
José Saramago, La Caverna, Einaudi, Torino, 2000
Luciano Vasapollo, La crisi del capitale. Compendio di economia applicata. La mondializzazione capitalistica”, Jaca Book
Luciano Vasapollo, Storia di un capitalismo piccolo piccolo. Lo stato italiano e i capitani d'impresa dal '45 a oggi”, Jaca Book
Luciano Vasapollo, Terroni e campesindios. Da sud a sud, per una educazione alla democrazia popolare della terra, Jaca Book
Luciano Vasapollo, Trattato di economia applicata. Analisi critica della mondializzazione capitalista, Jaca Book
Luciano Vasapollo Eppure il vento soffia ancora. Capitale e movimenti dei lavoratori in Italia dal dopoguerra ad oggi, con Donato Antoniello, Jaca Book
Fidel Castro, La storia mi assolverà, Datanews, 2007
Gianni Minà, Fidel Castro. La sua vita, la sua avventura in due interviste storiche, Sperling & Kupfer, Milano, 1996
Benny Calasanzio, Mafia S.P.A. Gli affari della più grande impresa italiana, Editori internazionali Riuniti
Noam Chomsky, Anno 501, la conquista continua. L'epopea dell'imperialismo dal genocidio coloniale ai giorni nostri, Gamberetti Editrice, Roma 1993
Federico Moccia, Tre metri sopra il cielo, Feltrinelli, 2004
Platone, Simposio
Costituzione Italiana
Legge 13 luglio 2015, n. 107, “Buona scuola”
-
Filmografia
Brian De Palma, Scarface, 1983
Oliver Stone, Comandante, 2003
Franco Brusati, Pane e cioccolata, 1973
Si ringraziano tutti gli alunni e le alunne delle classi che hanno partecipato alla conferenza (III F, IV F, III A, III H, IV G, IV C), le professoresse e i professori che li hanno accompagnati, il personale ATA coinvolto.
Indice
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Introduzione pag. 3
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Intervento introduttivo del prof. Salvatore Bullara
- Per una critica politico-pedagogica dell’Alternanza
scuola-lavoro pag. 8
- Presentazione del prof. Luciano Vasapollo pag. 10
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Testi dei filmati delle lotte studentesche:
- Filmato n° 1: “ ‘Buona scuola’: parlano gli studenti” pag. 12
- Filmato n° 2: “Studenti in piazza contro l'alternanza
scuola-lavoro di Renzi” pag. 13
- Filmato n° 3: “Milano, studenti contro il ministro
Giannini: l'azione di protesta contro
gli stage non retribuiti” pag. 15
- Filmato n° 4: “Diritto allo studio: studenti in piazza
per la “Buona Scuola” pag. 16
- Filmato n° 5: “Bologna, studenti protestano
davanti al McDonald's.” pag. 17
- Filmato n°6: “Milano, blitz studenti a McDonald’s
in Duomo: ‘Accordo scuola-lavoro indigeribile’” pag. 18
- Filmato n°7: “Milano, blitz al Mc Donald's: studenti
occupano il fast food” pag. 19.
- Filmato n°8: “Scuola, la protesta degli studenti:
'La buona scuola di Renzi è un fallimento'” pag. 19
-
Relazione del prof. Luciano Vasapollo
- Saluti e ringraziamenti pag. 20
- Pensiero unico e società capitalistica pag. 22
- Il centro commerciale e la desocializzazione dei quartieri pag. 22
- Democrazia, conflitto, Stato pag. 23
- Terrorismo dell’informazione pag. 25
- Viaggio a Cuba: la morte di Fidel Castro pag. 25
- Che cosa è il sapere? Sapere tecnico e sapere umanistico pag. 30
- Bisogni indotti e falsa coscienza pag. 35
- Disinformazione, democrazia, referendum pag. 36
- La quarta rivoluzione industruiale pag. 39
- I padri, i figli, la crisi pag. 41
- Scuola e capitale: complici? pag. 42
- Welfare State e Profit state pag.43
- L’Unione Europea e la distruzione dello stato sociale pag.45
- Il merito pag. 48
- Il PIL pag. 51
- Sud: cretini ergo sottosviluppati pag. 52
- Dati statistici sull’Alternanza scuola-lavoro pag. 52
- “Campioni per l’alternanza”: McDonald’s, Zara, etc. pag. 55
- Biotecnologie e miseria dei popoli. pag. 56
- Alternanza scuola-lavoro e lavori manuali: la logistica pag. 58
- Il ‘900 e la cultura del lavoro pag. 59
-
Intervento del prof. Salvatore Bullara:
- La denuncia: il liceo “Pasteur” promuove schiavitù
nel giorno della liberazione pag. 54
-
Interventi degli studenti e delle studentesse:
Fabrizio Vasselli (IV G) pag 60, 61, 69
Giacomo Nicoletti (IV G) pag. 62
Sara Colagrossi (III H) pag. 63, 64, 65
Elena Todini (IV C) pag. 66
Valentina Novelli (III H) pag. 67
Silvia Sai (IV F) pag. 69
-
Intervento della prof.ssa Anna Angelucci:
- Lo spacciatore di merendine a scuola pag. 62
-
Intervento conclusivo del prof. Salvatore Bullara:
- Rivendicazioni sindacali e problemi di principio:
chi deve dirigere la cultura? pag. 68
-
Rappresentazione teatrale del “Simposio” di Platone:
“L’amore, la bellezza e l’Alternanza scuola-lavoro” pag. 71
-
Il contributo di tutti alla realizzazione della conferenza pag. 72
-
Bibliografia pag. 76
-
Filmografia pag. 76
Finito di stampare nel mese di luglio 2017