Il sindacato USB: “Se fermate la Flotilla, fermiamo l’Italia”. Mobilitazione in 100 piazze per Gaza.
Intervista al prof. Vasapollo: “La solidarietà con il popolo palestinese è un dovere morale e politico”
Nonostante le pressioni, la Global Sumud Flotilla ha deciso di proseguire il suo viaggio verso Gaza. Il governo italiano aveva proposto di far scaricare gli aiuti a Cipro, per poi trasferirli a Gaza tramite il Patriarcato latino di Gerusalemme, ma la Flotilla ha rifiutato questa soluzione, considerandola insufficiente e non conforme agli obiettivi della missione. Anche l’appello del presidente Mattarella è stato respinto, con la portavoce italiana che è rientrata in Italia per avviare un dialogo diretto con le istituzioni, pur mantenendo fermo l’impegno a raggiungere Gaza.
Intanto l’Unione Sindacale di Base (USB) ha lanciato una mobilitazione senza precedenti in oltre 100 piazze italiane, sostenendo la Global Sumud Flotilla diretta a Gaza. Questa iniziativa si inserisce in un contesto di crescente tensione internazionale e rifiuto delle proposte di mediazione avanzate dal governo italiano e dal Vaticano.
Il professor Luciano Vasapollo, economista e intellettuale militante, direttore del Cestes, il centro studi del sindacato USB, dichiara: «Se fermate la Flotilla, fermiamo l’Italia. Non si tratta solo di aiuti umanitari, ma di un atto di resistenza contro l’oppressione e il genocidio. La solidarietà con il popolo palestinese è un dovere morale e politico».
Vasapollo ha sottolineato che la mobilitazione dell’USB rappresenta una risposta concreta all’aggressione israeliana e un richiamo alla coscienza collettiva.
Presidi permanenti in tutta Italia
I presidi organizzati dall’USB non sono manifestazioni occasionali, ma occupazioni permanenti di piazze simbolo come Piazza della Scala a Milano.
«Abbiamo aperto lo stato di agitazione permanente, siamo pronti a chiamare lo sciopero in qualsiasi momento la Flotilla verrà attaccata», spiega l’economista.
Queste azioni mirano a mantenere alta l’attenzione sulla situazione di Gaza e a sostenere la Flotilla nel suo obiettivo di rompere l’assedio.
La mobilitazione dell’USB e la determinazione della Global Sumud Flotilla evidenziano un crescente dissenso verso le politiche di mediazione che, secondo molti, rischiano di compromettere l’efficacia dell’aiuto umanitario diretto. La comunità internazionale è chiamata a riflettere sulla legittimità delle azioni intraprese e sull’importanza di garantire un supporto concreto e immediato alla popolazione di Gaza.
Vasapollo, la Global Sumud Flotilla è tornata in mare con l’obiettivo di rompere l’assedio israeliano su Gaza. Come valuta questa nuova iniziativa?
La Flotilla non si ferma, come non si ferma la solidarietà. Nonostante gli attacchi con droni e i tentativi di sabotaggio, le navi continuano a navigare verso Gaza. Questo è un atto di resistenza civile internazionale che sfida l’occupazione e l’assedio. È un segno che la dignità dei popoli non può essere bloccata da nessun embargo. La solidarietà è più forte dei sabotaggi. Come dicono i compagni palestinesi, non abbiamo bisogno di carità, ma di giustizia.
Gli attivisti della Sumud Flotilla hanno rifiutato l’appello a deviare la rotta – un invito che, seppur motivato dalla presunta tutela dei manifestanti, equivale a chiedere loro di togliersi di mezzo davanti al rischio di essere attaccati. Il nodo è politico e giuridico: uno Stato protetto dall’“Occidente collettivo” sta imponendo un blocco navale e attacchi in acque internazionali contro Gaza, pratiche che molti definiscono illegali e funzionali a una pulizia violenta della popolazione civile. Nel passato, il ricorso alla forza sulla Mavi Marmara ha già dimostrato quanto possano essere letali questi interventi.
Recentemente, il primo ministro israeliano Netanyahu ha dichiarato all’ONU che la creazione di uno Stato palestinese “non accadrà mai”. Come commenta queste parole?
Le parole di Netanyahu sono infami e rivelano la sua natura di criminale di guerra. Solo un mafioso potrebbe considerare i collaboratori di giustizia “infami”. La comunità internazionale deve condannare fermamente queste dichiarazioni e chiedere conto a Netanyahu per i crimini commessi.
La Flotilla rappresenta invece una forma di disobbedienza civile internazionale, non violenta e plurale, che porta aiuti in piena vista e mobilita l’opinione pubblica globale. Se l’Occidente fosse coerente con i propri principi di diritti umani e democrazia, isolerebbe senza esitazioni lo Stato che viola norme e risoluzioni; ma la realtà è diversa: il silenzio, le ambiguità politiche e le forniture militari equivalgono a complicità. Davanti a questo, chiedere agli attivisti di fermarsi significa farsi complici del perpetuarsi della violenza, non proteggerli.
Il governo italiano ha inviato una nave militare per assistere la Flotilla, ma la premier Meloni ha definito l’iniziativa “irresponsabile”. Come interpreta questa contraddizione?
È un esempio lampante di doppiezza politica. Da un lato, l’Italia invia una nave per “proteggere” la Flotilla; dall’altro, la premier Meloni la definisce irresponsabile. Inoltre, nonostante le dichiarazioni ufficiali, l’Italia continua a esportare armi a Israele. Questo comportamento ipocrita mina la credibilità dell’Italia sulla scena internazionale e tradisce i principi di pace e giustizia.
Professore, quale messaggio vuole lanciare ai cittadini italiani?
Il popolo italiano deve alzarsi in piedi contro l’ipocrisia del governo. Non possiamo essere complici di chi sostiene l’occupazione e l’assedio. È il momento di agire, di scendere in piazza, di sostenere la Flotilla e di chiedere al governo di fermare immediatamente le esportazioni di armi a Israele. La pace si costruisce con la giustizia, non con il silenzio e la complicità.
Ieri come oggi il capitalismo risponde alle proprie crisi sistemiche con la solita arma di sempre: la guerra, che oggi diviene di sterminio di interi popoli, come sta succedendo a Gaza da due anni.
Sta ai popoli rispondere al livello della sfida. Difendere il popolo palestinese e la sua Resistenza significa difendere noi stessi dalla barbarie della vera e propria guerra interna fatta di repressione, morte sul lavoro, negazione dei diritti sociali essenziali contro la stragrande maggioranza della popolazione.
Oggi occorre difendere la Sumud flotilla e i diseredati che aspettano con ansia aiuti umanitari. Alle volte un granello di sabbia in un ingranaggio può inceppare una macchina che appare invincibile e mostruosa.
Rita Martufi e Salvatore Izzo